maccagni giovane
Maccagni con la maglia del Lecce

LECCE (di Italo Aromolo) – Le memorie del passato, uno sguardo al presente e le speranze per il futuro. Ai microfoni di Leccezionale.it, si racconta a trecentosessanta gradi una vecchia gloria giallorossa, Angelo Maccagni, che ha indossato la maglia del Lecce nei lontani anni ’50. Icona di un calcio verace, passionale ed autentico, che in tanti rinpiangono e che in pochi hanno avuto la fortuna di vivere, Maccagni ha militato nella formazione salentina dal 1955 fino al 1962, collezionando ben 207 presenze che gli sono valse una medaglia d’oro al merito di ottavo giallorosso più presente di tutti i tempi; capitano per lunghi tratti nella sua quasi decennale esperienza leccese, vanta anche il record di secondo di sempre con più gettoni in terza serie. Come tanti altri protagonisti del calcio a Lecce (da Michele Lo Russo alla famiglia Tesoro), Maccagni è originario di Bari, ma, con il tempo, si è innamorato di Lecce e del Salento e rappresenta un pezzo di storia del club di Piazza Mazzini. Sano come un pesce e arzillo come un diciottenne, ci ha ospitato nella sua abitazione nel centro di Lecce e, dall’alto della sua veneranda età di quasi ottant’anni, ci ha parlato dei suoi tempi tra aneddoti, battute di spirito e paragoni con il presente.

Signor Maccagni, Lei è arrivato a Lecce nel punto più basso della storia del calcio cittadino, quando la squadra era in IV Serie. Se ne è andato, sette anni dopo, dopo una stagione in cui sfioraste una storica promozione in Serie B, persa clamorosamente sul filo di lana, nelle ultime due gare, a vantaggio del Foggia. Ci racconti come andò.

“Furono anni importanti, ricordo calciatori come Noè, Frigo, Gambino e i fratelli Luna. Quella stagione, avevamo vinto a Foggia lo scontro diretto per 2-1, quando mancavano due giornate alla fine, ed eravamo andati in testa alla classifica. Di ritorno da Foggia, ci aspettarono a Lecce migliaia di bandiere, tamburi, erano tutti in festa, si credevano già in B. La domenica dopo, pareggiammo in casa contro il Potenza, una squadra che non aveva nulla da chiedere: nonostante l’inferiorità numerica, loro pareggiarono a 10 minuti dalla fine con un tiro che passò sotto le gambe di tre, quattro nostri giocatori, e ,a quel punto, perdemmo la B. I miei giovani compagni, come i tifosi, si erano eccessivamente montati la testa: fu una delusione terribile.”

solo maccagni
Maccagni oggi

“Ho una storiella a cui, ripensandoci, mi viene sempre da ridere. Ero ancora nel Bari e giocavamo contro il Chinotto Neri, che si doveva salvare all’ultima partita. Iniziò la partita e io correvo avanti e indietro, tutte le palle arrivavano a me e i miei compagni erano fermi. Alla fine della partita venne il mio capitano e mi disse: “Ma che hai combinato? Il Chinotto doveva vincere!”. Insomma, i miei colleghi baresi si erano venduti la partita e non mi avevano neanche avvisato! Comunque allora capitava spesso che le partite venissero falsate, anche se ad oggi la situazione mi sembra ancora più grave, visto i recenti scandali sul calcio-scommesse.”

Segue ancora il calcio, e il Lecce in particolare?

“La Serie A non tanto, ma spesso ho il piacere di seguire il Lecce.”

Quest’anno, contro il Grosseto, il “Via del Mare” ha toccato il picco minimo di spettatori negli ultimi 20 anni, meno di 3000: sembra che a Lecce l’entusiasmo si stia spegnendo. Com’era la situazione ai suoi tempi, quando giocavate ancora allo stadio “Carlo Pranzo”?

“C’era un grandissimo entusiasmo, e lo stadio era quasi sempre pieno. Gli avversari, quando stavano per entrare in campo, avevano la tremarella addosso: erano letteralmente terrorizzati dal nostro pubblico.”

 Cosa non apprezza del calcio moderno?

“E’un calcio totalmente differente dal mio: calciatori come Balotelli ai miei tempi non avrebbero giocato neanche in Eccellenza. Anche tatticamente le cose erano molto diverse, allora c’era il modulo a quadrilatero, con due mediani e due mezz’ali a supporto degli attaccanti, e non esistevano tutti i passaggetti in orizzontale che si fanno oggi: chi prendeva palla, la dava in profondità, e c’erano 15-20 occasioni a partita. C’era poi una bella abitudine, che non sarebbe male riprendere: il giovedì si giocava il campionato riserve, così anche i non titolari giocavano di più e non se ne andavano via dopo tre mesi, come accade al giorno d’oggi; anzi, facevamo a gara per chi giocava nel campionato riserve, era sicuramente meglio che fare 20 giri di campo in allenamento. Per non parlare dei soldi che oggi circolano: dico solo che allora Rivera, che guadagnava “solo” 200 mila lire al mese, era uno dei più pagati in Italia.”

Ci ha parlato del modulo a “quadrilatero”. Lei che ruolo ricopriva? In quale attuale calciatore del Lecce si rivede?

“Ero un mediano di centro-sinistra, segnavo pochi gol, solo 7 in giallorosso, ed ero un calciatore molto corretto, tanto che in sette anni di Lecce non sono mai stato squalificato. Se devo dire un nome, dico Papini. Avevo anche un buon carisma: un paio di volte, al “Carlo Pranzo”, dovetti tirare un rigore perché i miei compagni si rifiutarono.”

Dopo aver appeso le scarpe al chiodo, è rimasto nel calcio: ha allenato per tanti anni l’Alaska Gelati, squadra locale di calcio femminile. Cosa dice, da ex tecnico, a mister Franco Lerda?

“Sono dell’idea che un allenatore debba prima di tutto insegnare il rispetto e l’educazione calcistica, soltanto dopo può pensare al campo. Anche se ad oggi, purtroppo, queste frasi lasciano il tempo che trovano. Comunque, l’importante è avere dei giocatori che ti seguano con la testa prima che con le gambe, altrimenti il tuo lavoro da allenatore non serve a nulla. Lerda, in questo senso, è fortunato ad avere un ottimo gruppo.”

I ragazzi della Berretti giallorossa stanno disputando un gran campionato. Dia un consiglio da “nonno” a questi giovanissimi perché possano aspirare a varcare le soglie del grande calcio.

“State attenti ai vostri genitori, che non sempre fanno il bene dei propri figli. Quando ero al Lecce Club, dove ho allenato un giovanissimo Moriero, ricordo che puntualmente, prima della partitella, veniva qualche genitore: “Metti mio figlio al primo tempo””Mettilo al secondo tempo”. E spesso, nel calcio minore, sentiamo di genitori che sugli spalti istigano alla violenza.”

La ringraziamo per l’intervista e per il tempo che ci ha dedicato. Concludiamo con un augurio a tutti i tifosi giallorossi per il nuovo anno.

Auguro a tutti i tifosi del Lecce un felice 2014, con la speranza di andare finalmente in Serie B”.

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