ciro e micheleLECCE (di Pierpaolo Sergio) – La memoria di Michele Lorusso e Ciro Pezzella resta viva nel cuore e nei ricordi dei tifosi leccesi anche dopo quattro decenni dalla traumatica fine della storia che ha legato a doppio filo i loro nomi a quello del Lecce. Riccorre infatti oggi il 40° anniversario della loro tragica scomparsa. La notte del 2 dicembre 1983 si verificò quella che resta la più grave tragedia nell’ultracentenaria storia dell’U.S. Lecce.

La squadra allora allenata da Eugenio Fascetti, all’epoca alla sua prima stagione sulla panchina giallorossa, doveva giocare in trasferta a Varese. Tra i convocati c’erano due calciatori che di prendere l’aereo proprio non ne volevano sapere. Erano Lorusso e Pezzella, la cui paura di volare in aereo era risaputa nell’ambiente leccese.

Michele LorussoMichele Lorusso era nato il 1° febbraio 1947 a Bari, ma era diventato un leccese d’adozione, oltre che una bandiera della formazione salentina, col record di presenze: ben 418. In maglia giallorossa ha disputato 14 campionati di fila, col rammarico di non essere mai riuscito ad andare in gol al “Via del Mare”, ma solo in occasione di una trasferta a Genova, contro la Sampdoria. Attaccatissimo al club, alla città, alla sua famiglia e di una simpatia contagiosa, ha legato il suo nome a tanti episodi entrati nella memoria dei tifosi leccesi. Esperto difensore, non concedeva un millimetro all’avversario, senza però essere mai cattivo. Lorusso era una persona dal cuore d’oro. Non a caso fu proprio lui a donare di tasca sua il denaro ai Ragazzi della Nord per acquistare un megafono, dicendo d’aver fatto una colletta nello spogliatoio. Quando il Lecce tornò in Serie B nel 1976, non era ritenenuto da alcuni all’altezza della categoria, ma anno dopo anno seppe guadagnarsi la fiducia dei vari allenatori.

pezzellaCiro Pezzella era nato ad Ercolano, in provincia di Napoli, il 18 gennaio 1954. I primi calci ad un pallone li tira nell’Ercolanese, per passare poi nel Teramo ed alla Spal. Da lì arrivò al Lecce di mister Mimmo Renna, in cui riuscì ad imporsi all’attenzione degli addetti ai lavori, tanto da essere ceduto per la considerevole cifra di 500 milioni di lire alla Sampdoria del presidente Mantovani. Dalla Liguria si trasferì all’Avellino dove rimase solo un anno. Dalla Campania tornò quindi ancora al Lecce. Di lui si ricordano il temperamento, la serietà e la voglia di lottare fino alla fine di ogni gara. Alcuni aspetti del suo carattere poco incline alle mezze misure lo hanno fatto passare per un piantagrane, ma chi lo conosceva bene ne ricorda soprattutto la capacità in campo di togliere il respiro all’avversario. Il suo ricordo più bello in maglia leccese è sicuramente il gol segnato in un derby al Bari nel novembre del 1982 in un’azione insieme proprio a Michelino Lorusso e Ruggero Cannito.

Per la sfida tra Varese e Lecce, entrambi preferirono aggregarsi agli altri compagni viaggiando in treno. Ma il treno per il Nord allora non partiva da Lecce. Bisognava andare fino alla stazione di Bari. E scelsero di farlo a bordo dellaa Mercedes acquistata solo qualche mese prima da Pezzella. Con loro in auto c’erano pure il fotografo Pino Carlino, suocero di Ciro, ed un altro congiunto, Riccardo Riccardi. L’appuntamento con la morte li attendeva sulla Statale 16, all’altezza dello svincolo per Mola di Bari. Un impatto frontale con una Renault 18 fece finire la Mercedes in un fossato. L’auto era ridotta ad un ammasso di lamiere, soprattutto il lato sinistro dove c’erano Pezzella alla guida, con Lorusso seduto alle sue spalle. Il primo morirà appena giunto in ospedale, l’altro sul colpo.

29836_417822803791_8169090_nA breve, in tutta Lecce iniziarono a correre le prime voci. Ovviamente, le scene più strazianti si vissero nelle case di Pezzella ed in quella di Lorusso, a Venosa. Il mattino seguente tutti seppero della tragedia dai giornali e dalla radio. Nessuno voleva crederci, nessuno riusciva ad immaginare che i due giocatori non ci fossero più. Fu uno choc per l’intero ambiente leccese, che creò una vasta eco anche a livello nazionale, con titoli sui principali quotidiani sportivi, mentre nella sede sociale dell’U.S. Lecce arrivavano centinaia di telegrammi di condoglianze da parte di tutto il mondo calcistico italiano.

A Varese, la squadra era in ritiro in albergo. Appreso l’accaduto, si vissero momenti di vera disperazione. Il presidente Franco Jurlano, mister Fascetti e il capitano Maurizio Orlandi vennero informati per primi, poi la notizia fu comunicata a tutti gli altri calciatori. Eppure il Lecce non rinunciò a scendere in campo per rendere omaggio ai due poveri compagni. La maglia numero 5 di Pezzella mister Fascetti la affidò ad un giovane della Primavera, Roberto Miggiano, convocato in tutta fretta insieme a Salvatore Nobile. Finì 0-0. In campo fu osservato un minuto di silenzio e le due squadre giocarono col lutto al braccio.

Il giorno dopo, lunedì 5 dicembre, l’affetto e la commozione dell’intera città furono dimostrati dalle migliaia di tifosi che assistettero in lacrime ai funerali che si celebrarono nella chiesa di Sant’Antonio a Fulgenzio, alla presenza, tra gli altri, di numerose personalità del calcio italiano.

Ciro e Michele pallonciniIl corteo funebre con le due bare portate a spalla dai compagni fino in chiesa, strapiena all’inverosimile, si era snodato per le vie della città tra due immense ali di folla che scandivano i loro nomi. Sembrava di vivere un incubo. Ancora oggi chi c’era ricorda scene da brivido, tanti fotogrammi senza tempo, che restano indelebili nella memoria. Decine di migliaia di presenti tra i quali figuravano autorità ed ex calciatori, allenatori e dirigenti del Lecce, nonché di altre società. Tra loro, De Luca, Merlo, Loddi, Maragliulo, Zagano, Loprieno e Chimenti, mentre tra i tecnici c’erano Corso, Di Marzio, Chiricallo e Renna, oltre all’allora presidente della Lega Calcio, Antonio Matarrese. Durante la Messa, l’amore immenso della gente salentina per i due sfortunati atleti sfociò in cori da stadio che scandivano i nomi di Ciro e Michele. La gente era ammassata in ogni angolo, in piedi per la maggior parte. Anche sui balconi ed alle finestre dei palazzi di fronte alla chiesa dei Monaci c’erano tante persone affacciate per seguire le esequie con bandiere giallorosse e striscioni listati a lutto.

216338_1045465344190_2687_nLa domenica successiva si giocò Lecce-Cesena e si rivissero le stesse scene di commozione. Fu vittoria per 2-0… con dedica. Ai bordi del campo furono collocate due gigantografie dei calciatori circondate da fiori. Era ancora il vecchio “Via del Mare” e non bastò a contenere quanti volevano esserci quel giorno per salutare i due beniamini. Prima del fischio d’inizio ci fu un minuto di raccoglimento carico di tristezza, rabbia, lacrime. I giocatori del Lecce, come gli avversari, andarono sotto la Curva Nord a deporre altri fiori e baciare le immagini che erano state esposte attorno ad un grande striscione che recitava: “Michele e Ciro: vivere nei nostri cuori non è morire“. Poi ci fu il lancio di alcuni palloncini con appese le foto in cui erano ritratti i due giocatori. Si levarono verso il cielo ad abbracciarli idealmente per l’ultima volta. A fine gara, poi, una fiaccolata spontanea illuminò le tribune dell’impianto sportivo leccese rendendo quei momenti indelebili e carichi di commozione. Ciro e Michele eterne bandiere” non fu, e non lo è neppure dopo 40 anni, un semplice coro da stadio…

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