LECCE (di Italo Aromolo) – Nel tempo della tecnica e della razionalità, un alone di magia s’insinua tra le crepe della medicina moderna e prova ad allargarle: l’omeopatia. Naturalità, mistero, pozioni e salute si fondono in quella disciplina che è stata risolutamente bollata come “stregoneria dei tempi moderni” dalla British Medical Association.

L’omeopatia ricade infatti nell’universo della medicina non convenzionale, ovvero quelle pratiche su cui gli studi scientifici non hanno dimostrato alcuna efficacia nella cura o nella prevenzione delle malattie. Il sostegno di alcuni medici e istituzioni, tuttavia, le ha conferito un pericoloso tono di autorevolezza e ufficialità, col rischio di legittimare l’uso di questi miracolistici rimedi al posto dei farmaci tradizionali.

I capisaldi dell’omeopatia non hanno alcuna base teorica dimostrata. Uno dei principi più importanti è quello della “dose infinitesimale“, secondo cui il rimedio omeopatico è tanto più potente quanto più è diluito con acqua. Ma le leggi della chimica e della fisica funzionano all’esatto opposto e utilizzeremo una similitudine per spiegarlo.

Immaginiamo che il nostro flaconcino di farmaco sia dell’ottimo, nonché saporito, sciroppo di menta. Ne versiamo una goccia in un bicchierino d’acqua e sentiremo chiaramente la sua fragranza all’assaggio. Lo sciroppo di menta – fuor di metafora: il farmaco – ha effetto. Prendiamo quella stessa quantità di sciroppo (una goccia) e mettiamola in una piscina: la proporzione di menta sarà minima e difficilmente la percepiremo in bocca con un sorso, perché è stata in grandissima parte diluita dall’acqua. Ipotizziamo ora che quella stessa quantità di menta sia dispersa in un lago, in un mare e infine in oceano: sperimentare il gusto di menta è pura utopia, via via più lontana dai confini della ragionevolezza statistica.

L’omeopatia pretende che il sapore di quella goccia possa essere percepito dopo averla immessa nel volume d’acqua di un globo terrestre. La maggior parte dei rimedi omeopatici è infatti diluita 12C, dove la “C” sta per cento e “12” indica quante volte la diluizione per cento del farmaco è effettuata, per un totale di un milione di miliardi di miliardi di volte (alcuni prodotti sono diluiti 30C!). Nel nostro esempio, la medicina ufficiale corrisponde ad bicchiere di menta pura pieno fino all’orlo: intensità assoluta e sapore assicurato.

Il rimedio omeopatico è del tutto sovrapponibile ad un bicchiere di acqua: un farmaco diluito così tante volte non potrà mai fare effetto. Funziona come il placebo, ovvero una sostanza priva di potere farmacologico che può agire solo psicologicamente, per la convinzione di assumere qualcosa di utile: questo è stato dimostrato da rigorose e numerose pubblicazioni in cui i preparati omeopatici non hanno attestato efficacia nella cura o nella prevenzione delle patologie.

In quanto acqua, l’omeopatia non guarisce, ma non fa nemmeno male: i suoi rimedi hanno il vantaggio – magramente consolatorio quando si è affetti da una malattia – di non avere effetti collaterali. Reazioni avverse possono verificarsi solo per errori nella fase di produzione dei rimedi o contaminazioni con altri prodotti. Questo a differenza dei farmaci tradizionali, che pagano il prezzo dell’efficacia con i possibili effetti indesiderati (in effetti, tornando al nostro esempio, dopo mezzo litro di menta pura un po’ di nausea non stupirebbe).

Quello che è il peggior timore dell’omeopatia non è il danno procurato ma il beneficio mancato, quando pensa di sostituirsi alla medicina ufficiale: privare qualcuno di un farmaco efficace quando indicato, come un antibiotico per un otite o un chemioterapico per un tumore, è un attentato alla salute, in cui il rimedio omeopatico è causa indiretta e il medico “prescrittore” primo responsabile.

ATTENZIONE: Le informazioni contenute in questo articolo sono presentate a solo scopo informativo. Non intendono in alcun modo sostituire il rapporto diretto medico-paziente. Si raccomanda di chiedere sempre il parere del proprio medico riguardo qualsiasi indicazione riportata.

Bibliografia

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