LECCE (di Pierpaolo Sergio) – Il rebus da decifrare è sempre lo stesso: bicchiere mezzo pieno, o bicchiere mezzo vuoto… Dopo il pareggio del Lecce sul campo della Vibonese, in concomitanza con i risultati delle dirette concorrenti dei giallorossi nella lotta per la promozione, la tentazione è di valutare con amarezza il punto portato a casa contro un avversariomodesto, peraltro reduce da cinque sconfitte di fila. I giallorossi arrivavano, al contrario, allo stadio “Razza” forti della prima posizione in classifica e con una difesa imperforabile nelle ultime quattro apparizioni. Un testa-coda che, almeno sulla carta, pareva concedere ai salentini la ghiotta chance di ottenere altri 3 punti, ma che invece si è dimostrata una di quelle famose gare in cui non bisogna mai sottovalutare chi ti affronta col coltello tra i denti e con la disperazione di giocarsi il tutto per tutto per non farsi tagliare fuori dalla lotta per la permanenza.
I RIMPIANTI – Il maggior cruccio per l’11 giallorosso è legato alla concomitanza di risultati favorevoli come non se ne erano registrati fino a questo punto del campionato. Il Foggia che perde colpi in casa pareggiando con l’Akragas e fallendo addirittura un rigore, il Matera che va ko a Siracusa e frena la sua rincorsa alla vetta, così come la Juve Stabia che fa cilecca contro la Reggina e dimostra che non sempre conoscere i risultati delle rivali in anticipo può aiutare. Risultati che han visto le più quotate perdere punti pesanti contro avversarie tutt’altro che irresistibili, alla pari del Lecce, ma che confermano una delle regole non scritte del calcio: la palla è rotonda e solo al 90° si può vendere la pelle dell’orso. Ma, aldilà di quanto accade in altre piazze, cerchiamo di capire cosa va e cosa non va in casa del Lecce.
LA DIFESA – Dopo un’iniziale fase di reciproca conoscenza e di rodaggio tra nuovi compagni, la retroguardia giallorossa si è dimostrata tutto sommato all’altezza delle aspettative, forse anche oltre le più rosee. Padalino in 8 gare ha fatto ruotare un po’ tutti gli effettivi a sua disposizione, ad iniziare dai portieri Gomis e Bleve, confermando che la coppia di centrali Cosenza-Giosa è quella utilizzata con più continuità. Se il primo ha stentato nelle primissime apparizioni, ora sta inanellando prove ben più convincenti, in linea con le prestazioni a cui ha abituato fin dall’anno scorso. Il secondo, invece, è incappato in alcune disattenzioni costate care alla sua nuova squadra. Errori di controllo della sfera casuali o veniali coincisi però con reti incassate. Un paio di match seguiti dalla panchina per recuperare da un infortunio patito con l’Akragas lo hanno tenuto fuori dall’11 iniziale ed hanno favorito il buon innesto di Drudi che dà garanzie a sufficienza quand’è chiamato a giocare da stopper e che si presta anche ad altri ruoli, sia pure con meno profitto. Vitofrancesco e Ciancio offrono sicurezza di tenuta ed in fase di spinta come il 4-3-3 richiede; non altrettanto si può dire (almeno fino ad oggi) di Contessa, utilizzato col contagocce ma che non è stato ancora capace di far vedere di che pasta è fatto. Con Vinetot mandato in campo solo una volta all’esordio a Monopoli e Freddi che sta per tornare disponibile, il tecnico sembra avere in prospettiva solo l’imbarazzo della scelta.
IL CENTROCAMPO – Croce e delizia del Lecce. Il reparto strategico per eccellenza è quello in cui i conti sembrano non tornare appieno. La giusta amalgama tra il play-maker Arrigoni, Mancosu e Lepore non è alchimia che riesca alla perfezione ogni domenica. Gli equilibri assai sottili da rispettare rendono la mediana salentina un imprevedibile mix di grandi potenzialità ed altrettanto grosse difficoltà quando non tutti girano a pieno regime o gli avversari vanno in forsennato pressing sul portatore di palla leccese. Anche qui Padalino sta cercando la soluzione migliore, ruotando i titolari, alternandoli con i più giovani Fiordilino, Maimone e Tsonev, ma i conti non sembrano tuttavia quadrare al cento per cento. Nelle ultime uscite, l’ex regista cosentino non ha particolarmente brillato ed a Vibo la panchina corta obbligata non ha aiutato l’allenatore a poter modificare l’assetto tattico, provando per qualche minuto un inedito 3-4-3, con gli inserimento di Drudi, Contessa e Fiordilino. Di positivo, ad ogni modo, c’è il progressivo adattamento al nuovo ruolo di capitan Lepore, ma la fluidità di palleggio e di manovra è imprescindibile se si punta al bersaglio grosso (si legga promozione in B) ma nelle recenti apparizioni è venuta meno. Urge trovare l’assetto più congeniale per innestare magari il turbo.
L’ATTACCO – Se in avvio di campionato si sono sprecati lodi, encomi e paragoni ingombranti, oggi il Pa-Ca-To, il tridente delle meraviglie composto da Pacilli, Caturano e Torromino accusa qualche battuta a vuoto ed una fase di leggero ma fisiologico appannamento; vuoi per il fatto che gli avversari ormai iniziano a capire i movimenti degli avanti leccesi, vuoi per la forma non proprio smagliante o l’infortunio dell’ex Cremonese capitato nel momento meno propizio, le bocche da fuoco del Lecce sono apparse ultimamente caricate a salve. Di positivo c’è il dato relativo ai gol segnati, il poter vantare il capocannoniere del Girone C con le sue 8 reti in altrettanti incontri e la invidiabile caratura tecnica del reparto avanzato. Tuttavia, “Hulk” Torromino inizia a palesare qualche passaggio a vuoto di troppo e l’intesa con Caturano non pare la stessa dei giorni migliori. Pacilli si sta rivelando uomo indispensabile per l’imprevedibilità e percicolsità della manovra giallorossa. Pensare di far rifiatare qualche elemento è assai difficile poiché Doumbia stenta pure quest’anno a dimostrarsi l’arma in più con cui sorprendere le difese più organizzate o arroccate a difesa della propria porta. Per Persano ogni valutazione è al momento improba visto lo scarsissimo minutaggio accumulato in prima squadra.