La crisi porta gli italiani a “sporcarsi” le mani di farina. Nell’ultimo anno due su tre (65 per cento) hanno preparato la pasta in casa per un totale di 27 milioni di persone. Questo quanto emerge dall’analisi Coldiretti-Censis in riferimento al World Pasta Day che festeggia quest’anno il record storico del consumo di pasta italiana all’estero dove sono cresciute del 3 per cento le esportazioni che raggiungeranno a fine 2014 il massimo di sempre a ben oltre 2 miliardi di chili, sulla base di proiezioni Coldiretti sui primi sette mesi dell’anno.
In Italia in controtendenza con il calo generale dei consumi alimentari, dall’inizio della crisi si è verificato un aumento degli acquisti di materie prime di base, dalla farina alle uova che evidenzia il ritorno del fai da te casalingo che non si registrava dal dopoguerra. Per la pasta, che il 45 per cento dei cittadini ritiene essere il simbolo culinario dell’Italia secondo un sondaggio del sito www.coldiretti.it, si è di fronte ad una specie di ritorno al passato rispetto alle prime fasi dell’industrializzazione e urbanizzazione del Paese, quando la conquista della modernità passava anche dall’acquisto della pasta piuttosto che dal prepararla in casa. Per gli italiani che dalle campagne e dai piccoli comuni affluivano nelle grandi città lasciare le tradizionali abitudini culinarie era una straordinaria e simbolica conquista del nuovo benessere mentre oggi il fatto in casa sembra tornare a valere di più del prodotto acquistato.
Una tendenza confermata dal boom dei corsi di cucina negli agriturismi di Terranostra e nei mercati di Campagna Amica ma anche dal successo delle trasmissioni televisive e delle pubblicazioni dedicate. E quando non è possibile fare da soli si cerca comunque nello scaffale il prodotto che richiama alla genuinità e alla tradizione come dimostra la decisa svolta nazionalista della pasta con la nascita e la rapida proliferazione di marchi che garantiscono l’origine italiana del grano impiegato al 100%.
Un percorso che è iniziato nei primi anni della crisi con la pasta dei coltivatori toscani per estendersi poi ad alcune etichette della grande distribuzione (da Coop Italia a Iper) fino ai marchi più prestigiosi (Ghigi, Valle del grano Jolly Sgambaro, Granoro, Armando, ecc) fino all’annuncio dello storico marchio napoletano “Voiello”, che fa capo al Gruppo Barilla, che ora vende solo pasta fatta da grano italiano al 100% di varietà “aureo”.
“Una tendenza –sostiene Coldiretti- rivolta a garantire qualità e sostenibilità della produzione, ma favorita anche dalla volonta’ di sostenere il lavoro e l’economia italiana in un difficile momento del Paese che spinge i consumatori a privilegiare scelte di acquisto sostenibili che contribuiscono al rilancio del Made in Italy”.
Questa capacità di innovazione nella tradizione insieme all’ottimo rapporto tra prezzo e qualità nutritive rende la pasta uno dei prodotti piu’ presenti sulle tavole delle famiglie con ben dieci milioni di italiani che la consumano addirittura tutti i giorni, e secondo le elaborazioni Coldiretti su dati Ismea la spesa in pasta e gnocchi è addirittura aumentata dell’uno per cento nei primi sette mesi del 2014 in controtendenza alla crisi.
Il risultato è che il consumo per persona in Italia è pari a circa 26 kg all’anno, una quantità che è tre volte superiore a quella di uno statunitense, di un greco o di un francese, cinque volte superiore a quella di un tedesco o di uno spagnolo e sedici volte superiore a quella di un giapponese. Sul podio dei mangiatori di pasta si piazzano dietro all’Italia il Venezuela, con 13 chili all’anno a testa, e la Tunisia, con 12 chili all’anno pro capite. L’Italia con 3,4 milioni di tonnellate di prodotto resta leader a livello mondiale.