Tesoro-Perrone-via del mareLECCE (di Massimiliano Cassone) – La questione erbetta del “Via del Mare” tra il presidente Savino Tesoro ed il sindaco Paolo Perrone ha tenuto banco in città proprio nei giorni dedicati ai festeggiamenti in onore dei santi patroni leccesi. Da una parte c’è Tesoro che, insieme a Graziano Torsello della Green Sport, raccontano una verità, dall’altra parte il sindaco Perrone che racconta la sua versione. Una questione che, stando al muro contro muro a cui assistiamo, rischia di finire in Tribunale dove da un giudice arriverà qualche sentenza che scontenterà uno dei due “litiganti”.

Peccato non aver potuto assistere ad un civile incontro, invece di leggere, rileggere ed ascoltare il suono di un ping pong apparso ai più fuori luogo, stonato. Peccato aver dovuto assistere ad attacchi personali nei confronti di un imprenditore che sta investendo soldi (con tutti i difetti che può avere) in un Salento che a tratti appare economicamente disastrato.

La verità, però, è una sola: i tifosi non si curano di questi fatti e badano al sodo della questione. Vogliono che il “loro” stadio sia bell’e pronto per la gara contro il Barletta (e il presidente ha rassicurato tutti in tal senso), tutto il resto, restano chiacchiere… Peccato, però, che la politica continui a difendersi da sola e a fare quadrato non davanti all’esigenza primaria dei tifosi ma di fronte al proprio specchio. E già, lor signori spesso dimenticano chi è a votarli, aiutandoli a mantenere tutti i privilegi che in Italia oramai regala soltanto la politica.

Peccato che dopo tre anni si senta parlare ancora delle origini baresi di un presidente che ha preso la squadra in serie B e dopo qualche mese si è ritrovato in Lega Pro per le cause che tutti conosciamo, è inutile star sempre lì a ripetere le stesse cose. A quel punto l’uomo di Spinazzola poteva scappare, poteva lasciare, nessuno avrebbe detto nulla e quelle simboliche “chiavi” della squadra e del Via del Mare sarebbero finite laddove la vecchia proprietà le stava consegnando prima che arrivasse la famiglia Tesoro.

La dimensione del calcio leccese oggi è questa, si chiama Serie C, anche se per gli esteti del calcio si dice Lega Pro; non c’è blasone che tenga di fronte ad un illecito sportivo che ti affossa fino nella parte più profonda del baratro. Il proprietario dell’U.S. Lecce oggi è Savino Tesoro. Piaccia o meno, è lui che ha speso i suoi denari per regalarsi la società giallorossa messa in vendita senza possibilità di ripensamenti da Giovanni Semeraro che andò via sbattendo la porta in faccia alla stampa, ai tifosi ed alla città di Lecce, con la minaccia di recarsi in municipio e consegnare il titolo sportivo nella mani del sindaco Perrone. Ora, se qualcuno ancora pensa che la famiglia Tesoro, o il capofamiglia Savino, non sia affidabile, non si capisce il perché tre anni fa non abbia trovato e convinto persone più consone allo stile della città e della società a fare quell’affare “a buon mercato”, come è stato definito.

A proposito di stile, la famiglia Tesoro è amatissima in città e, per il presidente dall’accento marcatamente barese, i tifosi stravedono, nonostante le due finali di Lega Pro perse e il perdurare dell’oblio in terza serie. Nessuno dei colletti bianchi se n’è mai chiesto il motivo?

Sant'Oronzo lunaEppure è semplice, è sotto gli occhi di tutti. I Tesoro sono persone semplici che sanno stare in mezzo alla gente comune, senza badare alla forma, senza pensare se sono in cravatta oppure in polo; loro parlano, sorridono, sono disponibili con tutti i tifosi, senza differenze di ceto, senza badare ai “titoli”, e questo è lo stile che amano molti leccesi: quello genuino, non artefatto. I leccesi amano più “L’arcu te Pratu”, che la Cavalcata delle valchirie”, un pasticciotto o un rustico sono preferiti ad ostriche e champagne. Pochi giorni fa, a Squinzano, durante l’amichevole del lecce contro la Berretti, abbiamo assistito a situazioni inusuali per questa squadra e per i suoi sostenitori: c’erano dei bambini che andavano dal presidente Savino Tesoro per farsi una foto insieme e lui li prendeva in braccio e sorrideva con fare rassicurante allo scatto delle istantanee dei genitori. Tutto questo accadeva sotto lo sguardo divertito della moglie Maria e delle figlie del patron. Roba che neppure nell’era-Jurlano si era forse mai vista…

Detto ciò, ecco un’ultima riflessione, che vuol essere un invito dato col sorriso a chi ancora chiama in modo dispregiativo, ossia “baresi”, i Tesoro: arrendetevi, i leccesi vogliono bene a questa famiglia.

Forza Lecce, allora e pure viva Lecce Capitale della Cultura Europea 2019, viva la cultura della cordialità e della cooperazione per il bene comune. Oggi, sopita la tempesta, sia solo festa. Buon Sant’Oronzo a tutti, magari partecipando stasera alle ore 21:00, quando sul palco saliranno i giallorossi, in quella stessa piazza Sant’Oronzo che accoglie anche Palazzo Carafa, dove batteranno tantissimi cuori che hanno in comune un sogno chiamato Serie B.

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