LECCE (di Italo Aromolo) – Salvatore Caturano e il Lecce, una storia di difficile interpretazione almeno fino a questo momento. Acquistato a gennaio dal Bari con la formula del prestito, l’ex attaccante dell’Ascoli non è mai riuscito a conquistarsi un posto da titolare fisso nello scacchiere giallorosso e spesso, o meglio quasi sempre, mister Piero Braglia lo ha mandato in campo solo nelle ultime frazioni di gara. In undici presenze ha collezionato appena 387 minuti, eppure il suo contributo in termini di gol, assist e azioni da gol create è quello di un leader inamovibile. Vediamo perchè.
Viaggiando alla eccezionale media di più di un gol ogni 120’, il buon Sasà ha regalato un punto a Rieti, andando a segno all’esordio con una felina zampata su azione di calcio d’angolo, ha cancellato l’incubo Melfi inzuccando il gol del pari al minuto 93 e ha sigillato il risultato contro il Catanzaro mettendo a segno il 4-0 con una serpentina personale. In totale fanno tre reti, ma sono poi praticamente ascrivibili a lui l’autogol di Tedeschi in Cosenza-Lecce (nato da un cross dalla destra) e il rigore di Checco Lepore in Messina-Lecce, procurato per una spinta ai suoi danni da un difensore messinese. Se a questo aggiungiamo l’assist contro il Martina Franca, è evidente che al talento napoletano si possa imputare ben poco sul piano dell’impegno e della dedizione alla causa giallorossa.
Vero è che è rimasto all’asciutto nelle ultime due partite in chi è stato schierato titolare (contro Monopoli e Akragas), ma l’ex attaccante del Bari ha sempre dato l’impressione di avere quella facilità del dribbling, unita al fiuto del gol da attaccante puro, che è unica nel reparto del Lecce e che andrebbe valorizzata più di quanto che non sia stato fatto nelle prime partite. Probabilmente il sistema di gioco di Braglia lo penalizza: lui che nasce come attaccante centrale, a suo agio nel sistema a due punte, nel ruolo di esterno fatica non poco a vedere la porta e trovare gli spazi giusti. Il tecnico maremmano ha in mente al centro del tridente un calciatore di stazza che sappia difendere la palla (come Moscardelli o Curiale) ma, d’altro canto, è evidente che pretendere da lui quel che si vuole da Doumbia e Sowe, giocatori con caratteristiche piuttosto diverse ma alla fine schierati nello stesso ruolo, sia un contraddittorio non di poco conto. Contraddittorio che nessuno meglio di mister Braglia, che segue i calciatori ogni giorno ed è a conoscenza di tante dinamiche a noi ignote, può risolvere. La stanchezza accusata da alcuni elementi della rosa, il calo fisico generale e la necessità di rivedere le carte in tavola servono un buon assist a Sasà, che in questo finale di torneo potrebbe trovare più spazio e indossare i panni di trascinatore: è giunta la sua ora?