LECCE – (di Pierpaolo Sergio) – Missione compiuta. Il Lecce batte 1-0 con un gol di Zan Majer il Pordenone e conquista sul campo la decima promozione in Serie A della sua ultracentenaria storia e si riprende quel posto amaramente perso due stagioni fa nell’infausta serata finale contro il Parma, al culmine di una stagione folle, ma per aspetti extracalcistici.
Anche allora si giocò di sera, ma il contesto era ben diverso da quello festoso e rumoroso che ha fatto da cornice all’impresa dei ragazzi di Marco Baroni. Allora c’era il Covid-19 a scompaginare i piani della società salentina, costretta a fare i salti mortali per poter partecipare al massimo campionato e non mortificare 20.000 tifosi che avevano sottoscritto l’abbonamento andando a giocare in campo neutro i match casalinghi laddove non si fosse ristrutturato lo stadio.
Oggi la storia è ben diversa. Il Lecce torna in A con una stagione di ritardo, dopo aver fallito l’assalto ai playoff su cui si era ripiegato dopo che a 4 giornate dalla fine del torneo Lucioni e compagni avevano un cospicuo vantaggio sulle inseguitrici. Oggi il Lecce è maturato, mettendo a frutto l’entusiasmo e la voglia di emergere di tanti giovani semisconosciuti portati in questo estremo lembo d’Italia da Pantaleo Corvino, il mago di Vernole che davvero ha saputo trarre il massimo dalle scarse risorse su cui poteva contare per ricapitalizzare il club.
Questa società stavolta si riaffaccia sul più prestigioso palcoscenico nazionale con maggiori certezze, maggiori garanzie e ancora tanto entusiasmo. Stavolta è tempo di rendere merito e onore a chi ha realizzato un capolavoro, come lo definisce il presidente Saverio Sticchi Damiani, chi ha lottato per un anno intero ancora con l’incubo della pandemia a tenere compagnia per lunghi mesi al gruppo che si è però cementato e diventato, giorno dopo giorno, squadra a tutti gli effetti.
Numeri importanti quelli che alla fine ha inanellato la formazione guidata da mister Baroni, accolto con un certo scettiscismo da una parte della tifoseria, amato invece dalla maggioranza dei tifosi che hanno ancora negli occhi il suo Lecce targato Carletto Mazzone, quando era lui ad indossare e onorare la maglia giallorossa a fine Anni Ottanta.
Il tecnico fiorentino ha reso finalmente degna di tal nome la difesa, portandola ad essere tra le meno perforate in assoluto. Inoltre, l’attacco ha segnato a mitraglia e può vantare il capocannoniere del torneo, Massimo Coda, asso dal fiuto del gol inarrivabile, che si è giovato dell’apporto di Strefezza e degli altri compagni per sbaragliare le difese avversarie.
Ma una promozione è frutto di serietà e programmazione, e qui vanno dati i giusti meriti a quanti operano in seno alla società, sia che si tratti di dirigenti, che di semplici impiegati dalle più svariate mansioni. Tutti hanno messo del proprio per far sì che questa squadra vivesse serenamente un anno non ancora tranquillo, che non accusasse i contraccolpi di qualche situazione che poteva minarne il cammino.
Poi ci sono i tifosi, senza distinzioni tra fedelissimi o occasionali che risulta sempre antipatica. Chi trepida per i colori giallorossi merita di avere uguale dignità di chi riesce (pur con innegabili sacrifici) a stare sempre accanto alla propria squadra del cuore. Rappresentano il valore aggiunto in casa e in trasferta per questo club che porta alta la bandiera del Sud in un calcio sempre più a misura di miliardari fondi stranieri necessari a garantire un regolare esercizio.
Ciascuno ha messo il proprio tassello per realizzare uno splendido mosaico su cui campeggia una grande A. I quattro piedi di un tavolo rappresentati da quattro S: Società, Squadra, Stampa e Sostenitori. Sì, perché (e qui nessuno ce ne voglia) anche chi segue quotidianamente per mestiere le vicende del Lecce, raccontando e stimolando a migliorare tecnico, dirigenti, giocatori e tastando l’umore dell’ambiente giorno dopo giorno, ha contribuito a rendere speciale quest’altra promozione. E, allora, buona Serie A, Lecce!
cyk14p
huxo57