LECCE (di Pierpaolo Sergio) – Dopo i primi 180′ di campionato sono più gli interrogativi che le certezze nell’ambiente del Lecce. Il pareggio interno imposto dal Como nella prima uscita al Via del Mare riaperto al pubblico in tutti i suoi settori dopo un anno e mezzo dall’ultima volta (in Serie A contro l’Atalanta) ha fatto scattare l’allarme tra tanti tifosi giallorossi.

UNA “SVEGLIA” PER TUTTI – I fischi che hanno accompagnato capitan Lucioni ed i suoi compagni negli spogliatoi a fine gara sono equiparabili ad un paternale ceffone che i 6.192 paganti hanno voluto dare ai loro vecchi e nuovi beniamini affinché al più presto inizino a girare come tutti si aspettano, a cominciare dalla dirigenza di via Costadura.

ASSENZA DI SEGNALI – Se è vero che è ancora troppo presto per emettere giudizi definitivi sui singoli calciatori, compreso il tecnico Marco Baroni, è pur vero che sono già due le partite su due giocate senza mostrare incoraggianti segnali di crescita e coesione tra i reparti, elementi che ovviamente richiedono sempre tempi fisiologici. Ad oggi manca ancora la necessaria conoscenza tra calciatori arrivati in questi giorni, se non addirittura nelle ultime ore, e quelli rimasti dalla scorsa stagione. Sta al mister il delicato compito di amalgamarli al meglio e farli rendere al massimo delle proprie caratteristiche.

OPZIONI DELUDENTI – Contro il Como non hanno convinto alcune scelte tecniche di cui Baroni a fine gara si è assunto ogni responsabilità come schierare titolare Vera al posto di Gallo, adducendo come spiegazione le notizie di mercato che riguardano il palermitano che sarebbe finito nel mirino del Brescia, quando invece si poteva semmai contare sull’entusiasmo per la convocazione nell’Italia Under 21.

Altra scelta che non ha dato i frutti sperati è stato l’inserimento in mediana di Thorir Helgason al posto di Björkengren che era in ballottaggio alla vigilia per un posto nell’11 iniziale. L’islandese è stato tenuto sul terreno di gioco fino all’86°, nonostante la sua propulsione non fosse più quella del primo tempo in cui si era fatto pure vedere in area comasca sfiorando il gol. Che sia acerbo per il campionato italiano è troppo presto per dirlo, ma deve convincere la piazza del proprio talento che ha portato il Dg Corvino a puntare su di lui.

QUESTIONE DI MODULO – Ma si tratta solo di considerazioni marginali rispetto al dubbio più grande che si sta insinuando da qualche tempo: questo Lecce può essere schierato con un 4-3-3 che appare ancora ben lontano da quell’assetto che, ben rodato, dovrebbe garantire un calcio assai più rapido e produttivo? L’interpretazione che i giocatori finora impiegati ne hanno dato ha messo in luce alcune criticità che hanno portato ai risultati scadenti conquistati finora.

LA SOLITUDINE DEL NUMERO 9 – In cima alla lista va posta la scelta di affidarsi al solo Massimo Coda quale ariete d’area di rigore. Il centravanti appare troppo isolato, abbandonato a se stesso e costretto a vedersela contro difensori centrali che spesso hanno tutto il tempo di raddoppiare su di lui togliendogli spazio e riducendone la pericolosità. L’ex Benevento è scafato e sa farsi valere ma va tenuta in considerazione anche la sua carta d’identità che indica in 32 anni l’età con cui deve fare i conti. Immaginare che Coda possa sostenere a lungo il peso dell’attacco del Lecce giocando in questo modo appare pura utopia.

POCHI TIRI, POCHI GOL – La manovra d’attacco giallorossa è imperniata nella spasmodica ricerca del cross dalle fasce, affidandosi all’estro di Strefezza e Di Mariano che hanno velocità nelle gambe ma non altrettanta precisione nei traversoni scodellati in area avversaria per la testa del compagno. Né si sono ancora viste soluzioni alternative come il tiro da lontano o gli inserimenti delle mezzali che possano scardinare le attente difese come quelle di Cremonese e Como. In più, preoccupa l’assenza di conclusioni nello specchio della porta avversaria nel secondo tempo della partita di ieri contro una neo-promossa ben messa in campo ma per nulla trascendentale.

CAMBIO DI ROTTA? – Anche l’anno scorso il Lecce targato Eugenio Corini era partito con l’idea di proporre il 4-3-3, ma il progetto era subito naufragato dopo due gare, con soddisfazione di molti interpreti allora presenti in rosa, per virare sul più familiare e redditizio 4-3-1-2. Oramai il trequartista è un’opzione non più praticabile in questa nuova fase, ma nulla vieta di provare, come lo stesso Baroni ha ammesso ieri nel dopo gara con i lariani, un altro modo di mettere in campo i suoi ragazzi, vale a dire il 4-2-3-1 che potrebbe garantire maggiore copertura alla difesa e più supporto all’attacco, poiché i numeri indicano i 4 le reti subite a fronte di solo una segnata e per di più su calcio di rigore.

BENEDETTA SOSTA – Forse gli ultimi acquisti dei vari Barreca, Gargiulo e via dicendo potranno aiutare il tecnico a ripensare il modulo anche perché la prima sosta del campionato nel prossimo fine settimana arriva in soccorso dei salentini che hanno bisogno di tempo per inserire i rinforzi portati in giallorosso da Corvino e Trinchera. Nell’anticipo di venerdì 10 settembre, finalmente a calciomercato chiuso, al “Vigorito” di Benevento servirà un Lecce ben diverso da quello visto finora e non solo negli interpreti.

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