Diritti t, leccezionale,itLECCE (di Pierandrea De Carlo)* – La questione dei diritti tv del massimo campionato italiano, che fruttano buona parte dei ricavi della Lega di Serie A, è stata sempre un po’ dibattuta anche dai meno esperti in materia. Ciò che negli ultimi tempi ha fatto maggiormente discutere è stata la forte campagna di sensibilizzazione per quanto riguarda il dilagante fenomeno della pirateria sul web, che causa una perdita in bilancio di oltre un miliardo di euro in diversi settori economici e che si aggiunge alla polemica riguardante il cosiddetto ”obbligo” del tifoso a sottoscrivere, ad oggi, due abbonamenti mensili (per la spartizione tra Sky e DAZN) per seguire in televisione o in streaming la propria squadra del cuore.

capitanoMa andiamo nel dettaglio a scoprire come vengono distribuiti tra le varie squadre i ricavi derivanti dalla cessione dei diritti audiovisivi del nostro massimo campionato, con un focus sul Lecce, che dovrebbe essere agevolato in questo da due fattori, in primis la riforma della Legge Melandri, entrata in vigore nel 2017, che porta dal 40% al 50% la cifra da spartire equamente per tutte le 20 società di A, e il peso rilevante dato al bacino di utenza (20%, di cui 12% per le presenze allo stadio e il restante 8% per l’audience televisivo).

Prendendo spunto dalle stime effettuate da CalcioeFinanza lo scorso anno, scopriamo che degli 1,41 miliardi di euro annui per il triennio 2018/2021 pagati dai due colossi audiovisivi, 1,15 miliardi sono da suddividere tra le squadre partecipanti al campionato, mentre 575 milioni (la metà della cifra complessiva, come anticipato) saranno spartiti equamente, con 28,8 milioni incassati quindi dalla società salentina, esattamente come le più blasonate.

Passando alla percentuale basata sulla quantità di tifosi, è ragionevole pensare che a seguito del record di abbonamenti (quasi 19.000 le tessere stagionali staccate, sesta squadra nella classifica con più abbonati in A) e dei molti tifosi giallorossi fuorisede che spesso guardano le partite della propria squadra del cuore tramite abbonamento alle pay-tv, il Lecce incassi, in questo segmento, più di molte altre squadre del campionato; una stima approssimativa ci porta a pensare che siano 10 i milioni di euro fruttati dal bacino di utenza dei tifosi salentini.

Una percentuale piuttosto ridotta è invece destinata alla storia del club (5%), e che al netto della presenza di molte squadre con più trofei e campionati di Serie A alle spalle rispetto ai giallorossi, si dovrebbe aggirare, per questi ultimi intorno al milione di euro.

tvGli ultimi due parametri per la spartizione dei diritti tv riguardano invece i meriti sportivi dei club: il primo considera i risultati degli ultimi cinque anni (rilevanza del 10%), con il Lecce che ha concluso le ultime due stagioni al vertice di Serie C e B, con i precedenti tre stabilmente nel terzo campionato italiano. Il restante 15% è quindi basato sui risultati conseguiti nell’ultimo anno solare, che considera sia la seconda parte di stagione 2018/’19, sia la prima di quella corrente, stima quindi in divenire e che sarà valutabile solo a fine dicembre. Da questi ultimi due parametri, provando anche a formulare un’ipotesi di un campionato non di vertice per il Lecce, possiamo stimare un ricavo compreso tra l’1,5 e i 4 milioni.

Facendo un resoconto complessivo, ma del tutto approssimativo e ipotetico, in quanto né la lega, né le società rendono pubbliche tali informazioni, i giallorossi dovrebbero incassare dai diritti tv di quest’anno una cifra che si aggira tra i 40 e 45 milioni di euro, importo del tutto considerevole per una neopromossa e che andrebbe a crescere in caso di permanenza prolungata nella massima serie. In più, come ricordato dal presidente Sticchi Damiani in conferenza stampa, scongiurerebbe definitivamente la leggenda secondo la quale il “paracadute” riservato alle retrocesse sia più conveniente, economicamente parlando, di una salvezza.

*Articolo realizzato dagli alunni del Liceo Classico e Musicale “Palmieri” di Lecce nell’ambito del progetto di alternanza scuola/lavoro previsto dalla legge 107/2015

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