LECCE (di Gavino Coradduzza) – L’equilibrio in campo tra Akragas e Lecce era durato un’ora percorsa prima a passo quasi cadenzato, poi al piccolo trotto. Un’ora di ampio predominio sotto il profilo del palleggio in senso stretto, dei tocchi anche eccellenti da parte giallorossa; un’ora che non aveva, tuttavia, consentito ai ragazzi di Padalino di trasformare in entità numerica il traboccante possesso palla. “Servono i gol…” direbbe all’uopo il maresciallo De La Palice! C’era stato, invece, qualche permaloso guizzo degli isolani su cui Gomis (39°) aveva strepitosamente rimediato in uscita sui piedi dell’avversario solitario; ma questo benedetto gol doveva pur arrivare; sembrava scritto nel destino di questa partita, ma tardava; si faceva attendere…
Ad inizio di ripresa se ne intuiva l’approssimarsi, se ne sentiva il profumo… Il Lecce macinava gioco, mostrava i muscoli e le meningi, Caturano, piantato al centro dell’area di porta avversaria risolveva (14°) una furibonda bagarre saettando in porta da pochi metri. “È fatta” avranno pensato i più ottimisti, ed invece ancora no; non c’era niente di definitivo per quanto i segnali della dea del pallone indicassero che il successo era ormai lì, a portata di mano… Un minuto dopo il gol di Caturano, il patatrac era infatti in agguato: Cosenza commetteva fallo in area; era già ammonito e dunque scattava il cartellino rosso ed il conseguente calcio dagli undici metri. Ora che si fa? La situazione non pareva più tanto rosea; calcio di rigore ed inferiorità numerica potevano generare uno sconquasso in una formazione con qualche crepa caratteriale o con i nervi a fior di pelle; ma a spianare la strada ai giallorossi provvedeva Palmiero spedendo la palla del calcio di rigore abbondantemente in curva. Intanto, l’inferiorità numerica corroborava Mancosu e compagni; l’Akragas si arrotolava su sé stesso e Pacilli assestava il colpo del KO.