l43-maglia-italia-mondiale-140303195655_bigLECCE (di Pierpaolo Sergio) – Bisogna essere orgogliosi di questa Italia, di questo gruppo e del cammino fatto in Francia da assoluti sfavoriti. È vero: si prova tanta amarezza nell’accarezzare un sogno e vederlo svanire per pura casualità. È la dura legge dei calci di rigore che spesso ha fatto piangere lo staff della Nazionale Azzurra ed i suoi tifosi. Resta una chimera la conquista della Coppa che vale il titolo continentale, alzata al cielo soltanto una volta (1968), vale a dire una vita fa… L’Ital-Conte ha esaltato appassionati e non come accade in occasione delle grandi competizioni internazionali ed ha dato lustro ad un calcio tricolore onestamente non messo proprio benissimo. Onore al merito e testa alta.

Uscire ai Quarti di Finale di Euro 2016 ci può stare, sia chiaro; quel che fa male è stato, appunto, l’aver accarezzato l’idea di realizzare l’ennesima impresa di buttarefuori i campioni del mondo in carica della Germania, con lo stesso trattamento riservato ai campioni d’Europa (la Spagna) pochi giorni prima. Uno “scherzetto” che non è riuscito solo per la malasorte che accompagna gli Azzurri quando si tratta di andare al tiro dal dischetto. Sembrava fatta. Aver rimontato lo svantaggio di Özil proprio dagli undici metri con Bonucci e ribattuto colpo su colpo alla corazzata teutonica fino al 120° sembrava un buon preludio alla celebrazione di una storica impresa, una di quelle da raccontare ai posteri, l’ennesima lezione impartita ai presuntuosi “crucchi”.

buffonitalia2Invece, proprio quando gli dei del calcio sembravano sorridere all’Italia concedendole di poter andare in vantaggio di due rigori, ecco la doccia gelata degli errori in serie di Zaza, Pellè, lo stesso Bonucci e Darmian che hanno vanificato le parate di Gigi Buffon e non hanno permesso alla comitiva italiana di rendere un ulteriore, grandissimo omaggio alla vittime della mattanza islamista in Bangladesh già commemorate col lutto al braccio ed il toccante minuto di applausi prima del fischio d’inizio.

Si torna a casa ma non da sconfitti. La lezione che questa spedizione transalpina dovrà lasciare è che si può sempre riuscire a sovvertire i pronostici e compiere imprese memorabili a patto di essere seri, umili e non sentirsi mai campioni se non è il campo di gioco a dimostrarlo. Si torna a casa senza più Antonio Conte nelle vesti di Commissario Tecnico degli Azzurri, con la mente presto rivolta all’affascinante e difficile esperienze Oltremanica sulla panchina del Chelsea. Un Conte che non è riuscito lì dove anche i suoi predecessori hanno dovuto alzare bandiera bianca: ottenere spazi durante la stagione da dedicare a fondamentali stage della Nazionale. Troppo forti gli interessi dei club, troppo morbida la Federcalcio costretta a nominare Giampiero Ventura nuovo cittì perchè incapace di tutelare il capitale tecnico ed umano rappresentato dall’allenatore leccese.

Logo ItaliaSe questo gruppo risucirà a mettere a frutto il germoglio piantato da Conte nel suo biennio sulla panchina italiana significherà non aver perso anni, ma aver tamponato le falle e le lacune tecniche che il nostro calcio palesa e che sono il risultato di miopi gestioni, in netta controtendenza con quanto fatto proprio in Germania dove la nazionale ha la priorità e vegono investiti fior di capitali per rinforzare i settori giovanili e le fucine dei futuri campioni. Le lacrime a fine gara di molti Azzurri hanno fatto vedere ai tifosi il volto più umano e meno noto di questi uomini. L’augurio è che quelle lacrime diano la scossa ai signori del Palazzo e aiutino a far crescere nuovi virgulti che possano portare l’Italia lì dove la storia indica che può e deve stare.

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