LECCE – Martina Gentile e Fernando Vergine, della Cisal Lecce, intervengono in merito alla vicenda della bracciante deceduta nelle scorse settimane a causa, pare, delle critiche condizioni di lavoro in cui operava e del malore accusato da un altro lavoratore che operava nelle stesse campagne del primo episodio. Nella nota si legge: “Pensiamo che il caporalato e il lavoro nero nelle campagne della nostra Puglia debbano essere duramente contrastati. La notizia del bracciante colto da malore nella stessa campagna in cui è morta pochi giorni fa un’altra bracciante agricola ci dice che non è più solo tempo di agire, ma anche di reagire: occorre una strategia condivisa, che coinvolgendo le parti sociali, ponga anche le associazioni di categoria e le aziende davanti alle proprie responsabilità. L’idea di mutuare da altri settori produttivi l’introduzione di una certificazione che attesti le condizioni di sicurezza per i lavoratori e il rispetto della loro dignità ci sembra possa essere uno strumento efficace per arginare un fenomeno che quest’anno ha fatto registrare un numero inaccettabile di morti”.
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Cisal Lecce: “Bene la certificazione etica. Si intensifichino i controlli per tutelare la dignità del lavoro e la vita umana”
“Ci sono aziende, come Alcar – aggiunge Fernando Vergine – che per ottenere la commessa da parte di Volvo ha dovuto dimostrare il rispetto degli standard qualitativi di dignità all’interno dell’azienda. Ecco, è giunto il momento di estendere questo principio anche alle aziende agricole: una produzione condotta nel rispetto della normativa e delle persone non può che essere un valore aggiunto da promuovere opportunamente”.
“Inoltre – concludono dalla Cisal – è giunto il momento di trovare soluzioni partecipate che vadano al di là del semplice confronto tra le parti, per restituire dignità ai lavoratori del comparto agricolo. Occorre intensificare i controlli, laddove ci sono i lavoratori, ovvero sui campi e chiedere alle grandi aziende che operano nel settore di assumersi la responsabilità di acquistare solo quei prodotti per il quali sia dimostrabile il rispetto degli standard di sicurezza secondo la normativa vigente e del rispetto della vita umana e della dignità del lavoro. Bene, dunque, l’introduzione della certificazione etica, come forma di attestazione del rispetto della normativa e dei principi di equità e legalità. Morire di lavoro è inaccettabile, ancor di più sfiancati dalla fatica come schiavi moderni”.
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