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Il presidente del Nardò, Maurizio Fanuli (foto D. Nestola)

NARDÒ (di Gabriele De Pandis) – Ad un passo dalla Serie D. Maurizio Fanuli, presidente del neonato ACD Nardò, spera di festeggiare nella maniera più bella il primo anno al timone della sua nuova creatura calcistica, nata per ben figurare nel campionato d’Eccellenza e poi trovatasi a battagliare per le primissime posizioni dopo la rivoluzione del calciomercato decembrino. Fallito l’assalto al primo posto nello sprint col Francavilla, il Toro è ad un passo dall’accesso in Serie D dalla porta di servizio rappresentata dai play-off. Domenica a Scordia ci sarà il primo atto della finale che vedrà i granata opposti al Città di Scordia. La prima gioia è stata quella dello 0-0 col Mazara, raccolto proprio nel giorno del compleanno del patron, festeggiato dalla squadra con uno striscione al fischio finale. Sul divieto di trasferta ufficializzato in giornata il presidente, ascoltato ai nostri microfoni prima del verdetto, si era già espresso duramente: “Il divieto di trasferta ai nostri tifosi è una brutta cosa. Delle decisioni del Prefetto lo scapito è stato sempre pagato dai supporters, la parte eccitante di questo sport. Mi rammaricherei – continua il primo dirigente del neretino – se succedesse qualcosa del genere. Queste sono le classiche batoste dalle quali non ci si può rialzare; chi gestisce un sodalizio del genere vuole essere il tutore di tutto e di tutti per dare belle giornate di festa. Se in queste manifestazioni però, un giorno, se qualcuno si alza e vieta tutto per non dare problemi non dà una reale soluzione, incutendo solamente scoraggiamento per chi deve affrontare certi tipi di sforzi”.

La finale è stata conquistata con una vittoria, perfezionata in occasione dello 0-0 casalingo, arrivata proprio nel giorno del suo compleanno. Questo regalo rappresenta il miglior momento della sua gestione?

“È stato un momento di gloria calcistica. Per me è la prima volta che mi trovo in situazioni di questo genere, ho vissuto sempre campionati medio-alti, ma mai ho potuto toccare l’emozione di una finale play-off nazionale”.

Dalla fine all’inizio. Quali sono state le ragioni che l’hanno spinta ad affrontare questo progetto?

“Come ho spesso ripetuto, il calore ed il fascino della piazza di Nardò mi hanno spinto ad intraprendere quest’avventura; ho riscontrato di persona tutti questi tratti, in una piazza a cui si può dire tutto all’infuori che non sia intenditrice di calcio e sportiva. In più Nardò mi ha dato anche quella carica maggiore, vissuta in pochi posti, che permette l’incremento degli sforzi.

La stagione ha vissuto due “epoche”, all’inizio ed ora. Cosa è andato storto all’inizio e quanto la piazza ha contribuito alla risalita del ritorno?

“No, nulla è andato storto. Siamo partiti per fare un campionato discreto, poi l’euforia della piazza, il nostro far gruppo ed i risultati che cominciavano a venire ci hanno indotto ad incrementare il tasso tecnico della squadra tentando il salto in Serie D. Più o meno, i frutti raccolti ci stanno dando ragione. C’è un piccolo rammarico per non aver vinto il campionato, però stiamo lì e continuiamo a lottare”.

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La festa del Nardò dopo lo 0-0 col Mazara

Quando ha capito che questa squadra poteva raggiungere la Serie D?

“Quando abbiamo visto il rendimento del girone d’andata, caratterizzato soltanto dalla sconfitta in casa col Francavilla, si è voluto incrementare la forza tecnica per andare avanti seguendo l’obiettivo”.

Chi la entusiasma di più del gruppo?

“Non è giusto far nomi. Se c’è il gruppo e si rema tutti nella stessa direzione si va avanti; semmai ci fosse qualche controtendenza nascerebbero i problemi. Noi di queste difficoltà non ne abbiamo avute, anzi sono stati loro (il gruppo, ndr) a spingerci ad essere maggior presenti ad ogni allenamento e ad ogni partita, completando ogni puntello, che ha fatto tesoro per raggiungere questo obiettivo”.

Ora c’è la finale. Quanto peserà il fattore campo al ritorno?

“Quel che abbiamo dimostrato nel doppio confronto col Mazara, essendo accolti ed accogliendo bene da ambo le parti, mi ha fatto piacere, aprendo anche in me nuovi orizzonti calcistici. I tifosi sono stati apprezzati, ben voluti; a Mazara l’unica parola che si è sentita dire sulla nostra tifoseria è che non merita di stare in Eccellenza per maturità e correttezza che in molti ambienti sportivi manca. Nardò è una città matura per questi eventi. Mi auguro che anche a Scordia sia così, i tifosi si erano già organizzati, mi avevano chiesto informazioni sullo stadio del centro catanese ma io mi sono sentito disarmato nel non poter rispondere”.

In caso di Serie D che progetti ha per il Toro?

“Pensiamo prima a conquistarla e poi si vedrà. La base di squadra c’è.”

Tante realtà del calcio salentino hanno problemi economici, facendo perdere al calcio il classico ruolo di volano per lo sviluppo. Qual è il suo parere su queste vicende che incrociano sport ed economia?

“Non è solo il calcio. Il corso di vita che stiamo affrontando è tutto difficoltoso. Il calcio è quella cosa in più che si ha in famiglia ma che è destinata ad essere tagliata in caso di pericolo, a scapito però di tutti gli sportivi. Di questo sono molto rammaricato. Le difficoltà economiche sono attraversate da tutte le famiglie, e il calcio è una famiglia”.

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