processo Calciopoli LecceLECCE (di Italo Aromolo) – A dieci anni dallo scandalo di Calciopoli, l’U.S. Lecce è ancora nelle aule dei tribunali perché giustizia sia fatta. La “cupola”, le partite truccate, le schede telefoniche: non è ancora finita, c’è un ultimo contenzioso da dirimere. La società di Piazza Mazzini, come noto, si è costituita parte civile ed ha chiesto un risarcimento pecuniario per i danni morali ed economici perpetrati dall’associazione a delinquere capeggiata dall’allora direttore generale della Juventus Luciano Moggi. In primo grado, il Tribunale di Napoli aveva accolto l’istanza di risarcimento, poi rigettata in secondo grado ma ora definitivamente accordata dalla Corte di Cassazione che, lo scorso 24 marzo, ha dato ragione alla società giallorossa adesso in attesa della quantificazione del danno. In quattro punti, cerchiamo di capire i perché di un legittimo risarcimento.

Quali sono state le gare condizionate dalla “cupola” riguardanti il Lecce- Sono tre le gare finite sotto accusa di frode sportiva da parte dell’associazione a delinquere capeggiata da Moggi.

  1. La prima è Lecce-Juventus del 14 novembre 2004, gara terminata 1-0 in favore della formazione juventina con gol di Alessandro Del Piero. Sulla panchina del Lecce c’era Zdenek Zeman. L’arbitro De Santis avrebbe favorito la Juventus perché permise lo svolgimento della partita nonostante l’impraticabilità del campo allagato da un acquazzone. Nell’intercettazione tra lo stesso arbitro e l’allora designatore Pairetto si ascolta Pairetto chiedere:«Che campo c’era? C’era Ze­man che rompeva, cosa voleva?» e De Santis rispondere: «Che un terreno così era ir­regolare. I giocatori erano tutti tranquilli, non c’è uno che ha detto il campo… Certo il Lecce che gioca più in velocità e sovrap­posizione è penalizzato. Sono andato pri­ma nello spogliatoio del Lecce e ho chie­sto cosa ne pensavano, ho fatto la stessa cosa con la Juve. Nessuno ha chiesto du­rante la partita “controlliamo”. Alla fine poi, è normale recriminare sul campo».
  2. La seconda è Palermo-Lecce 3-2, datata 20 febbraio 2005 e arbitrata sempre dal signor De Santis. Il fischietto della sezione di Tivoli, secondo l’accusa, avrebbe comminato ammonizioni dolose ai calciatori del Lecce Alex Pinardi ed Erminio Rullo (diffidati) al fine di causarne la squalifica per l’importante gara della domenica successiva contro il Messina. Il club dello Stretto era anch’esso pienamente coinvolto nel sistema-Moggi tramite la figura del suo direttore sportivo Mariano Fabiani.
  3. In terza istanza si trova Lecce-Parma 3-3, sfida salvezza giocata il 29 maggio 2005 nell’ultima giornata del campionato di Serie A 2004/’05. Arbitro ancora De Santis. La tesi vuol dimostrare la predeterminazione del risultato di parità con l’obiettivo di evitare la retrocessione della Fiorentina, che si sarebbe molto probabilmente salvata in caso di vittoria sul Brescia e contestuale “X” al “Via del Mare”. Come il Messina, anche la Fiorentina dei patron Della Valle, inizialmente all’opposizione, era venuta ad accordi con il diggì della Juventus. Non mancano prove schiaccianti sulla manipolazione di questa partita, in primis le intercettazioni in cui lo stesso De Santis si vanta di aver compiuto “un’opera d’arte” perché “il 3-3 l’ho fatto io”. Il giorno prima, inoltre, una serie di telefonate si erano freneticamente susseguite tra i componenti della “cupola”: Moggi rassicurava Della Valle “tranquillo, ci pensiamo noi”, De Santis illustrava la strategia al designatore Pairetto: “Sì, gli ho spiegato (agli assistenti, ndr) pure un po’ le cose, velatamente… insomma gli ho spiegato, fatto capire che, poi intanto gliela do io l’impostazione…”, mentre il vicepresidente della FIGC, Innocenzo Mazzini, celebrava la combine parlando di “un’operazione chirurgica”, “un regalo a Firenze”, “una delle più grandi soddisfazioni della mia vita”.

atti processo CalciopoliPerché il Lecce chiede il risarcimento- Il Lecce chiede il risarcimento per tre motivi:

  • L’alterazione delle partite sopra citate. Per i capi di imputazione di Lecce-Juventus e Lecce-Palermo, tuttavia, il condizionamento non è stato dimostrato agli atti ed i vari imputati sono stati assolti. Di conseguenza, cade la percorribilità di un risarcimento dettato da queste due partite. Ben diversa la situazione di Lecce-Parma, gara per cui l’alterazione del risultato è stata assolutamente comprovata in tutti i gradi di giudizio. Dunque, delle tre gare analizzate, solo su Lecce-Parma i legali del club di Piazza Mazzini potranno far leva per ottenere giustizia.
  • Il secondo elemento, quello economicamente più significativo, riguarda il mancato ripescaggio del Lecce nella Serie A 2006/’07. Nell’estate della bufera, la retrocessione della Juventus imponeva il ripescaggio di una ventesima squadra: si scelse il Messina, squadra arrivata al terz’ultimo posto davanti al Lecce, penultimo. Ebbene, il Messina non aveva le carte in regola per disputare quel campionato perché anch’essa parte attiva del sistema di alterazione delle partite tramite la figura del suo diesse Mariano Fabiani (vedi secondo punto della prima domanda). Come mai, allora, fu ripescato? Semplice, la colpevolezza del club messinese è emersa soltanto in un secondo momento, quando, nel secondo grado di giudizio penale, è arrivata la condanna per il suo direttore sportivo, precedentemente assolto sia in sede di giustizia sportiva, che in sede di giustizia penale, primo grado.
  • Viene imputata anche la raccolta di veri e propri dossier su alcuni personaggi “scomodi”, da utilizzare al fine di screditarne la reputazione e ostacolarne la carriera. Tra questi, non poteva certo mancare quel Zdenek Zeman che, pochi anni prima, aveva denunciato la responsabilità juventina in ordine all’uso di sostanze dopanti. Chiamato in causa nelle vesti di testimone, il tecnico boemo ha poi confermato come in tutti modi Moggi e soci lo abbiano denigrato per farlo fuori dal grande calcio. Essendo stato allenatore del Lecce nella stagione di Calciopoli, si pensa che anche il club salentino ne abbia risentito e ne sia stato penalizzato.

atti CalciopoliL’ammontare del risarcimento- La richiesta del club di Piazza Mazzini è pari a 10 milioni di euro, cifra al vaglio dei giudici che, in tempi non brevissimi, decideranno l’effettivo ammontare del risarcimento.

Chi pagherà- Pagheranno in prima persona Luciano Moggi e gli altri condannati (Giraudo, De Santis, ecc.) con la vendita di beni in loro possesso, numerosissimi nel caso dell’ex direttore generale della Juventus: il Brescia, che ne aveva chiesto il sequestro cautelativo, si è visto rigettare l’istanza dal Tribunale di Napoli, che l’ha ritenuta inopportuna in assenza della ragionevole possibilità di veder “sparire” un patrimonio così esteso. In un primo momento, in realtà, era stata chiamata in causa anche la società Juventus: il Tribunale di Napoli ha invece stabilito che i dirigenti del club bianconero hanno agito in proprio e saranno dunque loro, e non il sodalizio juventino, a risarcire il Lecce e le altre società aventi diritto (Bologna, Brescia, Atalanta e Victoria).

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