LECCE (di Massimiliano Cassone) – Non c’è più pace in casa giallorossa, il passo tra il Paradiso e l’Inferno è stato brevissimo. La settimana scorsa la vittoria convincente contro il Benevento, arrivata nonostante tutte le difficoltà dovute a squalifiche ed infortuni, aveva ridato speranza e quei play-off tanto desiderati sembravano più vicini; ieri a Melfi il Lecce ha perso, gettando i suoi tifosi nel baratro dello sconforto, senza scusanti contro una modesta formazione giocando in superiorità numerica per 41 minuti (recupero compreso).
Perché? È la domanda che arrovella le menti dei tifosi ma anche degli addetti ai lavori che a questo punto non sanno più cosa pensare. È giusto chiedere rispetto agli arbitri che pur hanno danneggiato il sodalizio di Piazza Mazzini, è giusto pensare che un pizzico di fortuna in più non guasterebbe ma è anche onesto dire che i guai più grandi il Lecce se li crea da solo.
A far calare il buio sui salentini è stato un giovanotto di 24 anni arrivato a Melfi per rilanciarsi ed autore ieri del suo 16° sigillo stagionale. Come un rapace, alla fine della gara, Caturano si è avventato sulla sfera ed ha fatto gol, complice l’infelice uscita dai pali di Tommaso Scuffia. Proprio al portiere leccese però non si può rimproverare nulla, perché è un ragazzo che vuole fare bene, ha il fisico e la testa per farlo, e pochi minuti prima aveva compiuto un vero e proprio miracolo smanacciando sul colpo di testa di Tortori che impattava benissimo la sfera calciata da Agnello da calcio d’angolo. Un corner proprio come quello finale che Kevin Vinetot poteva tranquillamente evitare. Se proprio si deve fare una riflessione sui portieri del Lecce, forse bisogna chiedersi il motivo della cessione di Perucchini e Bleve (seppur dati entrambi in prestito) e di Petrachi liquidato per incomprensioni.
Inutile però disperarsi: fino a quando la matematica non dirà il contrario bisognerà provarci anche se è evidente la difficoltà di segnare senza attaccanti. Davide Moscardelli mancherà ancora per due gare, Fabrizio Miccoli è apparso un pesce fuor d’acqua, Luis Sacilotto che prova a fare la punta è imbarazzante, Manconi non riesce a trovare la collocazione giusta, Gustavo Vagenin non è una punta, Eric Herrera e Carlos Embalo fanno la conta per chi deve accomodarsi in tribuna e tutto è “caos calmo”, nascosto da qualche vittoria che ridà morale ed evidenziato da sconfitte che ormai non si possono più commentare.
Dopo la prestazione a dir poco scipita della squadra salentina non ci sentiamo di recriminare per il gol annullato a Giuseppe Abruzzese prima di tutto perché l’arbitro fischia prima della girata in porta, forse viziata da un tocco di mano, e poi perché si è giocato in undici contro dieci per un intero tempo ed un gol bisognava segnarlo, in qualsiasi modo. Non c’è stata una sola azione degna di nota, le occasioni sono arrivate tutte da palle inattive.
Eppure mister Alberto Bollini aveva schierato la stessa formazione che aveva fatto vedere i sorci verdi al Benevento; per la prima volta l’allenatore non cambia l’undici iniziale ma, nonostante la squadra abbia sempre le redini del gioco in mano, in avanti è sterile. La realtà, anche se dura da digerire, è che questa pare una squadra senza anima e senza attributi visto che nemmeno il terzo allenatore stagionale è riuscito a darle la sterzata giusta: il Lecce è sempre uguale, tremendamente superficiale; come un arcobaleno senza colori, manca dell’essenziale.
Ora c’è solo da sperare che i calciatori riescano a terminare questa stagione nel migliore dei modi. Foggia, Martina Franca, Ischia e Vigor Lamezia: quattro vittorie potrebbero non bastare per andare ai play-off ma almeno servirebbero per rispettare i tifosi e la maglia. Rispetto… sì, per la maglia.