LECCE (di Italo Aromolo e Eleonora Galati) – La vita universitaria è un paesaggio sfumato visto da un treno in corsa. Un finestrino dietro al quale si alternano esami superati, da preparare, riassunti da riscrivere, lezioni da seguire, coinquilini stravaganti, surgelati bruciati, e moke di caffè, emblema di estenuanti nottate di studio. In questo vortice di curiosi elementi, lo studente fuorisede può avere il privilegio (o il supplizio) di inciampare in un frammento di scoglio, capace di riaprire un mare di sensazioni contraddittorie che rievocano una sola immagine: quella di casa. Inizia allora la ricerca della “tua” gente, in una città adottiva, quella gente che parla la tua stessa lingua e sembra quasi avere i tuoi stessi modi di fare. Da qui nasce quindi l’idea di innaffiare le nostre radici leccesi per far sì che, crescendo, riescano a raggiungere tutti noi studenti dal sangue giallorosso sparsi per l’Italia, mitigando la fredda nostalgia che qualsiasi luogo che non sia il Salento genera in ciascuno di noi. Per capire la fenomenologia del fuorisede leccese, abbiamo rivolto cinque domande ad altrettanti giovani “esemplari” che studiano nelle maggiori città italiane: Pierangelo, 23enne studente di Economia a Roma, Leila, 20enne studentessa di Giurisprudenza a Milano, Marta, 20enne studentessa di Interpretariato a Milano, Gianluca, 19enne studente di Economia a Bologna, ed Elisa, 21enne studentessa di Chimica e Tecnica Farmaceutiche a Parma.
Quale caratteristica della tua città d’origine ti fa riconoscere come leccese fuorisede?
1. Pierangelo da Roma: “Non tanto il dialetto o l’accento in sé per sé, quanto alcune espressioni ricorrenti nel discorso. Del tipo ‘mena‘, ‘mannaggia moi‘. Poi anche il comportamento, il modo di salutare la gente. Il fatto che, se conosco qualcuno anche da poco, lo saluto sempre in un certo modo affettuoso, tipicamente salentino, come ‘Ciao, compà’ ad esempio”.
2. Leila da Milano: “Per i milanesi è assodato che quando si sentono le parole ‘mena’ oppure ‘sciamu’ si ha a che fare con un leccese fuorisede: sono quelle espressioni dialettali essenziali, a cui nessun salentino potrebbe rinunciare”.
3. Marta da Milano: “Sicuramente l’accento ed il parlare a voce alta, gesticolando. E poi dare molta confidenza alle persone. Il leccese che va a pagare il caffè al bar è unico nel suo genere”.
4. Gianluca da Bologna: “Riconoscono tutti coloro che provengono dal Sud, ma non c’è un particolare motivo, dicono anzi che l’accento leccese non sia facilmente distinguibile da quello calabrese”.
5. Elisa da Parma: “Per l’accento e per il modo di fare, in particolare per il modo di gesticolare. Noi leccesi ci infervoriamo quando parliamo. Un altro aspetto che notano in noi giovani leccesi è un certo interesse per la rappresentanza studentesca”.
Cosa importeresti a Lecce dalla città in cui studi?
1. Pierangelo da Roma: “Le tante opportunità che offre soprattutto a livello di eventi, movida, uscite serali, locali. E ovviamente le bellezze culturali da vedere durante il giorno. Lecce è molto bella, ma Roma… ”
2. Leila da Milano: “L’organizzazione, i numerosi progetti che si attuano a livello sociale. A Lecce siamo disorganizzatissimi sotto questo punto di vista. Anche i mezzi pubblici sono molto più efficienti a Milano”.
3. Marta da Milano: “A Lecce porterei la tipica organizzazione universitaria e lavorativa di Milano: ossia ciò che questa città offre e Lecce, per ovvi motivi di dimensioni, non può offrire. Dei milanesi non mi piace invece la mentalità, perché tende a discriminare ed è molto chiusa, come se fossero una sorta di casta”.
4. Gianluca da Bologna: “Bologna, pur essendo grande, è accogliente ed a misura d’uomo per uno studente. Rappresenta il giusto mix tra opportunità della grande città e vivibilità della piccola”.
5. Elisa da Parma: “Da Parma importerei l’organizzazione mentale delle persone, che prevede un maggiore spazio ai giovani. In Salento siamo abbastanza ‘mammoni’, la figura del ‘piccinnu’ non viene presa molto in considerazione, soprattutto in politica”.
Cosa esporteresti da Lecce nella città in cui studi?
Pierangelo da Roma: “Sono un grande tifoso del Lecce e dunque la possibilità di vedere i giallorossi ogni domenica dal vivo. Mi manca anche la possibilità di sentire chiunque esprimersi in dialetto per strada, sentire parlare la gente, anche magari salutare qualche anziano per le vie del centro”.
Leila da Milano: “Il calore. Sia del clima che della gente. Il fatto che a Lecce ci sia molta più genuinità e semplicità nei rapporti interpersonali. A Milano è tutto molto formale“.
Marta da Milano: “Qui a Milano porterei il nostro clima, il mare, il sole. Sento la mancanza del nostro paesaggio”.
Gianluca da Bologna: “Le comodità di casa, una famiglia che ti sistemi tutto e ti permetta di concentrarti sullo studio. Per pasticciotti e rustici dico no (sorride, ndr), a 300 metri dal mio appartamento c’è un locale gestito da leccesi che produce tutte le nostre specialità culinarie”.
Elisa da Parma: “Da Lecce porterei il calore delle persone, cosa che a Parma non c’è perchè vieni comunque catalogato come studente del Sud”.
Rifaresti la scelta di andare via da casa? Terminati gli studi, hai in programma di tornare a vivere a Lecce?
1. Pierangelo da Roma: “Quella del fuori sede è un esperienza che va fatta, perché fa crescere come persona e responsabilizza. Devi fare da solo ciò che prima facevano i tuoi genitori. Non solo, conoscere gente di altre realtà ti apre la mente su tante concezioni. Io mi auguro un giorno di tornare a Lecce e spero, in qualità di studente di economia e grande tifoso del Lecce, di poter magari formare una cordata ed entrare a far parte della società del Lecce, perché no come presidente (scherza e sorride, ndr)”.
2. Leila da Milano: “A parità di condizioni di studio e opportunità lavorative, sarei rimasta a Lecce perché, tra un problema e un altro, mi rendo conto di quanto sia difficile rinunciare alla ‘bambagia’ di casa propria. In futuro, però, sogno di lavorare all’estero, in campo internazionale”.
3. Marta da Milano: “Rifarei l’esperienza di andare fuori Lecce perché Milano offre molte più opportunità. Non mi riferisco solo all’ambiente universitario e lavorativo, ma ad esempio anche agli spazi per coltivare i propri hobby: ci sono più associazioni culturali e via discorrendo. In futuro, però, non esiterei a tornare a Lecce”.
4. Gianluca da Bologna: “Non vorrei tornare a Lecce. Il mio sogno è lavorare all’estero. Rifarei la scelta di andare a vivere fuori, perché l’esperienza del fuorisede ti arricchisce culturalmente in senso lato”.
5. Elisa da Parma: “Soffrivo l’ambiente leccese e rifarei senza dubbio la scelta di partire. Non per un particolare motivo contro la città, ma per il fatto che a Parma ho una maggior libertà, senza persone intorno che ti conoscano e ti tengano d’occhio qualsiasi cosa tu faccia. Essere fuorisede è anche per crescere e fare un’esperienza formativa di vita. Nel mio caso, è stata una scelta obbligata in quanto frequento la Facoltà di Chimica e Tecnologia Farmaceutiche, che a Lecce non c’è. Preferirei continuare a vivere e a lavorare fuori”.
Le emozioni che provi nel vedere un’immagine che ricordi la tua Lecce?
1. Pierangelo da Roma: “Proprio poco fa ascoltavo la canzone ‘L’importante’ dei Boom Da Bash e nel video mi è sembrato di vedere spiagge e posti del Salento. Le immagini con il testo mi hanno fatto venire una grande nostalgia”.
2. Leila da Milano: “Non posso che provare una grande nostalgia. E poi, che voglia di riabbracciare le persone che mi vogliono bene”.
3. Marta da Milano: “La prima sensazione è la nostalgia, ma anche la varietà della nostra città a livello culturale. A Milano c’è solo il Duomo, mentre a Lecce ovunque si possono ammirare arricchimenti artistici, dal Duomo a Santa Croce passando per Piazza Sant’Oronzo. La nostalgia non è ovviamente per Lecce come città in sé, ma per la mia famiglia e le persone care che la popolano”.
4. Gianluca da Bologna: “Penso a casa mia, insostituibile con nessun’altra. Dovunque dovessi andare a vivere ed a lavorare, Lecce sarà sempre Lecce”.
5. Elisa da Parma: “Il primo sentimento è la nostalgia, un senso di smarrimento, come se mi sentissi spaesata. Mi sfuggono i particolari nel momento in cui ritorno a casa dopo mesi. È come essere due persone diverse, quando son qui sono una persona, quando son lì un’altra. Ecco, quando vedo un immagine di Lecce ripenso a quella persona che sono quando mi trovo a Lecce”.
Questi studenti sarebbero “esemplari” e quindi avrebbe senso ciò che affermano se avessero deciso di mantenersi da soli. Criticano chi vive nella bambagia, mentre loro costringono le famiglie a fare sacrifici enormi per sostentarli. Queste lunghe trasferte (spesso per frequentare corsi di laurea inutili e/o presenti nella nostra città) esistono solo in Salento. I figli salentini, ansiosi di ottenere la libertà personale, costringono le famiglie a sacrifici abnormi , facendo leva sull’ansia di riscatto sociale dei genitori o sui loro sensi di colpa. Non li condivido e non li stimo. La libertà si ottiene con i sacrifici personali. Non sono affatto martiri. Questo è il mio parere, mi dispiace se le mie parole faranno soffrire qualcuno.