LECCE (di Car. Tom.)-“L’Epifania tutte le feste si porta via”: queste le famose parole di un noto e vecchio detto ed è proprio così. Dopo il 6 Gennaio, giorno dell’Epifania, terminano le festività natalizie e si torna alla tanto bistrattata normalità: tutti ritornano al lavoro (anche se in molti, come noi, non hanno mai smesso), a scuola e chi in ufficio, in attesa dell’altra festa, quella di Carnevale, ma sicuramente meno sentita e amata.
Quella appena trascorsa è stata la magica notte della Befana, in cui dolce o carbone, frutta e qualche dono è stato lasciato nelle calze appese ai camini ed alle finestre dei bambini. Ma anche degli adulti ed è bello che sia così, perché in alcune circostanze, come questa, si rimane sempre bambini vogliosi di ritornare alla dolce e spensierata età dell’adolescenza.
LA STORIA – Personaggio facente parte del mito, già conosciuto alla Roma antica, la Befana non è sempre stata una misteriosa e strana vecchietta vestita di panni logori e scuri. In passato si credeva che le fate volassero sui campi guidate dalla dea lunare Diana per propiziare i raccolti in un gesto che fosse di buon auspicio nel duro periodo invernale: il tutto fino a quando la chiesa non condannò questi riti pagani definendoli come satanici. Il 6 gennaio si celebra, quindi, l’Epifania: parola che deriva dal greco e significa “manifestazione, venuta” ricorda un momento celebre della storia cristiana, la visita dei re Magi a Gesù Bambino, ma al tempo stesso risulta inevitabilmente connesso con l’immagine delle calze appese in attesa dei dolciumi e una vecchietta in grado di volare sui tetti raggiungendo per magia ogni bambino. Secondo alcune leggende, nella dodicesima notte dopo il solstizio invernale, si celebrava la morte e rinascita di Madre Natura: signora affascinante, ma ormai invecchiata, stanca e con poche energie. Vecchia benevola si aggirava fra le campagne volando con un ramo secco: lo stesso ramo che veniva bruciato nei falò, scintilla del fuoco vitale che termina nel ciclo stagionale dell’anno e simbolicamente torna in questa notte di magia, l’ultima dei giorni di festa.
Con la suggestiva e famosa poesia di Giovanni Pascoli, “La Befana”, auguriamo una buona Epifania a tutti i nostri lettori e un rinnovato augurio di buon e sereno 2015.
LA BEFANA
Viene viene la Befana,
vien dai monti a notte fonda.
Come è stanca! La circonda
neve, gelo e tramontana.
Viene viene la Befana.
Ha le mani al petto in croce,
e la neve è il suo mantello,
ed il gelo il suo pannello,
ed è il vento la sua voce.
Ha le mani al petto in croce.
E si accosta piano piano
alla villa, al casolare,
a guardare, ad ascoltare,
or più presso or più lontano.
Piano piano, piano piano.
Che c’è dentro questa villa?
Uno stropiccìo leggero.
Tutto è cheto, tutto è nero.
Un lumino passa e brilla.
Che c’è dentro questa villa?
Guarda e guarda… tre lettini
con tre bimbi a nanna, buoni.
Guarda e guarda… ai capitoni
c’è tre calze lunghe e fini.
Oh! tre calze e tre lettini…
Il lumino brilla e scende,
e ne scricchiolan le scale:
il lumino brilla e sale,
e ne palpitan le tende.
Chi mai sale? Chi mai scende?
Coi suoi doni mamma è scesa,
sale con il suo sorriso.
Il lumino le arde in viso
come lampada di chiesa.
Coi suoi doni mamma è scesa.
La Befana alla finestra
sente e vede, e si allontana.
Passa con la tramontana,
passa per la via maestra:
trema ogni uscio, ogni finestra.
E che c’è nel casolare?
Un sospiro lungo e fioco.
Qualche lucciola di fuoco
brilla ancor nel focolare.
Ma che c’è nel casolare?
Guarda e guarda… tre strapunti
con tre bimbi a nanna, buoni.
Tra le cenere e i carboni
c’è tre zoccoli consunti.
Oh! tre scarpe e tre strapunti…
E la mamma veglia e fila
sospirando e singhiozzando,
e rimira a quando a quando
oh! quei tre zoccoli in fila…
Veglia e piange, piange e fila.
La Befana vede e sente;
fugge al monte, ch’è l’aurora.
Quella mamma piange ancora
su quei bimbi senza niente.
La Befana vede e sente
La Befana sta sul monte.
Ciò che vede è ciò che vide:
c’è chi piange e c’è chi ride.
Essa ha nuvoli alla fronte,
mentre sta sul bianco monte.