BARI - ComprateciLECCE (di Tommaso Micelli) – Mentre tutta l’Italia è impegnata a parlare della “favola sportiva” che si sta vivendo (o che si stava vivendo fino a ieri) 150 chilometri più a nord da Lecce, si potrebbe parlare della natura di questa favola (delle migliaia di omaggi distribuiti nelle scuole o di occasioni in cui quei 50.000 “fedelissimi” erano diventati 51) ma sarebbe troppo lungo e, forse, è meglio parlare di quella favola a cui nessuno, a livello nazionale, dà voce. Se sono degni di stima i calciatori baresi che con la società fallita hanno continuato a dare il massimo sul campo, non sono sicuramente da meno i loro colleghi giallorossi che dopo la mancata promozione in B, nonostante la delusione tanto forte quanto inevitabile, hanno dato in massa la disponibilità a rimanere nel Salento per portare il Lecce dove merita di stare. Ma i Tesoro non erano quei signori che “non pagano gli stipendi”? Sorvoliamo…

Papini tiro - golSe è vero che tra il dire ed il fare c’è di mezzo il mare ed è da vedere in quanti, effettivamente, poi resteranno, è vero anche che ci sono segnali positivi che in parte confermano queste indiscrezioni e il primo di questi segnali prende il nome di Romeo Papini. Il centrocampista romano ex Carpi, il migliore di questa stagione secondo molti addetti ai lavori, ha risposto picche alle tentazioni di due squadre di B e ai (tanti) soldi offerti dal Benevento per sposare ancora la causa salentina. Il solito contratto annuale? No, un triennale che, a 31 anni, sembra un matrimonio più che un fidanzamento. Pare che, oltre a Diniz che per primo si è fatto portavoce della volontà del gruppo di riprovare a centrare la promozione, anche Doumbia, Beretta e Perucchini abbiano espresso il desiderio di rimanere nel Salento preferendolo ad offerte ben più allettanti ma, per loro, c’è da convincere anche Parma e Milan, proprietari dei cartellini.

giocatori Lecce applauso in allenamentoNon è facile, a Lecce, rimetterci la faccia. Ci troviamo in una piazza che, a parte i pochi incondizionati fedelissimi, basa gran parte dei giudizi, soprattutto da due anni a questa parte, sui risultati: se si vince “siamo forti” (noi), se si perde “sono bidoni” (loro). Vincere è l’unica cosa che conta adesso, non quando si trattava di alzare di un soffio l’asticella della salvezza in serie A. La grande maggioranza di quelli che accettano di stare dalla parte della squadra anche quando si perde (quando lo si fa in modo dignitoso) entrano, ogni domenica, dalle porte 11 e 12…

A buona parte del resto dello stadio, continuare ad amare il Lecce al di là di categoria, società e calciatori risulta qualcosa di inconcepibile. A proposito della presunta scarsa qualità di calciatori e società, basterebbe andare in qualsiasi altra piazza di Lega Pro e chiedere se potrebbero far comodo, nella loro squadra, atleti e uomini del calibro di (solo per citarne alcuni) Miccoli, Papini, Ferreira Pinto, Bogliacino, Beretta, Martinez, Lopez. Ma anche un Rullo che pur avendo giocato poco ha saputo tenere, con capitan Miccoli, lo spogliatoio unito anche dopo le sconfitte di inizio stagione quando nessuno credeva all’ipotesi play-off (“era buenu cu rriamu allu nonu postu“, si sentiva un po’ ovunque).

Bandiera UL LecceSenza timore di essere smentiti, si può affermare che Lecce sia l’unica piazza della ex “serie C” a considerare questi “tipi” inadeguati a fare un campionato di vertice. Ma si sa che parlare di digiuno a pancia piena è sempre molto facile come lo è quando si sa con certezza che a settembre si tornerà allo stadio visto che, dopo due anni deludenti per tutti (sul campo), nessuno è andato a consegnare la società nelle mani del Sindaco.

A settembre si tornerà allo stadio, appunto, con la consapevolezza di aver recuperato un feeling tra squadra e tifosi che solo un anno fa sembrava irrecuperabile e di essere stati protagonisti di una favola che, a parte il silenzio di chi si ricorda di Lecce solo quando c’è da parlare di “bestie”, non ha niente da invidiare a quella dei baresi. Si tornerà allo stadio per cercare ancora quella promozione e sperare di versare ancora lacrime tra un anno. Ma questa volta di gioia.

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