Miccoli mignoloLECCE (di Pierpaolo Sergio) – “A pensar male si fa peccato, ma quasi sempre ci si azzecca…” E’ questo uno degli aforismi più citati di Giulio Andreotti ed è la prima cosa che ci è venuta in mente non appena si è diffusa la notizia del deferimento del capitano del Lecce, Fabrizio Miccoli, per le arcinote intercettazioni telefoniche in cui il calciatore salentino offendeva, quando era un tesserato del Palermo Calcio, la memoria di Giovanni Falcone. Accostare i nomi del compianto giudice antimafia, del defunto ex e potentissimo numero uno della Democrazia Cristiana e del bomber di San Donato suona strano, quasi stonato.

L’ex idolo dei tifosi palermitani si è ampiamente scusato direttamente con i familiari del giudice Falcone ed ha parlato del brutto episodio in diverse circostanze, anche durante alcune interviste rilasciate a trasmissioni andate in onda su emittenti nazionali (Mediaset, Sky) come pure nel giorno della sua presentazione ufficiale quale nuovo acquisto dell’U.S. Lecce nella scorsa estate, spiegando il perché di affermazioni certamente sbagliate e censurabili ed affermando: “Non voglio scappare da niente e da nessuno: sono qui perché voglio riscattarmi personalmente…

Ma qui, ora, non intendiamo certo fare filosofia spicciola su quei fatti che vanno condannati senza ombra di dubbio. Si tratta di affermazioni gravi. Ne è consapevole lo stesso Miccoli per il quale parlano le calde lacrime versate nello scorso mese di giugno quando la vicenda balzò sulle prime pagine di tutti i giornali d’Italia. Anche per quelle infelici affermazioni, l’attuale capitano del Lecce lasciò Palermo e si caricò sulle spalle il peso delle dure parole di tanti tifosi rosanero (e non) che si erano sentiti delusi e traditi dal suo comportamento.

Miccoli bisPare normale semmai chiedersi il perché solo oggi la ormai ben nota (a Lecce) Giustizia sportiva (“ad orologeria”?) si sia ricordata di quella vicenda chiedendo il deferimento da parte della Procura Federale alla Commissione Disciplinare Nazionale della Figc che in una nota diramata nel pomeriggio aveva annunciato: “Il Procuratore Federale, ravvisata la necessità di attendere la chiusura delle indagini penali al fine di acquisire eventuali elementi utili all’accertamento di fattispecie di rilievo disciplinare, ha deferito alla Commissione Disciplinare Nazionale Fabrizio Miccoli, all’epoca dei fatti calciatore del Palermo, per avere violato i doveri di lealtà, probità e correttezza, offendendo la memoria del giudice Giovanni Falcone. Archiviato il procedimento relativo all’uso, da parte di Miccoli, di schede telefoniche intestate ad altri soggetti non essendo emerse, allo stato, fattispecie di rilievo disciplinare“.

E’ davvero singolare, dopo la chiusura delle indagini penali, che l’avvio del procedimento disciplinare sportivo giunga in un momento delicatissimo del campionato di Prima Divisione di Lega Pro. Quello stesso torneo già di per sé anomalo per via dell’assenza di retrocessioni e la partecipazione di ben 8 società alla disputa dei play-off che valgono la seconda poltrona in serie B. Quel campionato che, per fatti riportati non certo da tesserati dell’U.S. Lecce, ma da calciatori e dirigenti di altre squadre che militano nello stesso girone B dei salentini, rischia di passare agli annali come uno dei più avvelenati e con strascichi polemici.

Miccoli sotto la Curva NordLa famiglia Tesoro ha preteso chiarezza e massima vigilanza da parte degli organi preposti affinché la stagione intera si svolga secondo i sacrosanti canoni della correttezza e del merito sportivo ma, proprio a voler pensare male, pare che agli inviti a far luce su vicende oscure abbiano sortito gli effetti contrari.

Immaginare i futuri scenari di una faccenda tutta ancora da scriversi appare al momento complicato e assai aleatorio. Il Lecce rischia di pagare, ancora una volta e duramente, per colpe indirette mentre il suo calciatore-simbolo è finito di nuovo su tutte le prima pagine della stampa nazionale, non solo di quella a carattere sportivo, e non certo per meriti calcistici.

L’auspicio che facciamo alla squadra giallorossa ed a tutti i suoi tifosi, nonché a coloro che ancora credono in un calcio pulito, è dunque che il procuratore Stefano Palazzi si “ricordi” presto di indagare anche sulle dichiarazioni che hanno alimentato un clima di sospetto e veleni, ossia quelle ad oggi inspiegabili del D.G. del Frosinone, Ernesto Salvini, come pure sui fatti di Frosinone-Lecce (diretta dall’arbitro di Abisso) e sulle vicende di Paganese-Frosinone, senza dover malauguratamente attendere altri otto mesi, a giochi già fatti, calendari stilati e beffe subite…

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