LECCE (di Gavino Coradduzza) – Foggia-Lecce? Meglio non parlarne (ma prima o poi sarà necessario farlo) per non ricalcare le orme di Didone abbandonata da Enea: “Infandum, regina, iubes renovare dolorem…” (trad. mi costringi, o regina, a rinnovare un indicibile dolore) di virgiliana memoria. Non trovo altri argomenti se non quelli già elencati nei “Puntini di vista” precedenti; e allora penso sia ancora necessario incidere la ferita ed eliminare il pus.
Dopo sei giornate di campionato sarà pure il caso di valutare quanto (poco o niente) valga e aiuti quella monotona storiella che racconta dell’elogio ad ogni costo, anche a dispetto di talune evidenze; il precario arrampicarsi sullo specchio delle attenuanti quasi totalmente fantasiose, friabili quanto il gesso, sempre legate a corda doppia con la sfortuna, gli arbitraggi e congiure varie; questa storiella non funziona, direi di più: ad una analisi più distaccata ed aderente ai fatti, È NOCIVA! Occorre staccasi da sciarpe e gagliardetti che condizionano i giudizi; smettere di guardare le partite con gli occhiali a lenti giallorosse, far tacere il cuore e giudicare quindi questo Lecce con il maggior distacco possibile. Tutti, a cominciare dalla società per finire ai tifosi, passando attraverso commentatori e giudicanti vari. Quel sistema non funziona o, quantomeno, non produce i risultati sperati; ne sono prova i giorni recenti ed i tre campionati trascorsi tra elogi, illusioni e delusioni.
Il Foggia, si dirà, ha sbloccato la partita (complessivamente costruita e gestita dai satanelli) giovandosi di una sfortunata deviazione giallorossa; vero! Ma per avere qualche deviazione anche a favore occorre indirizzare la palla verso la porta avversaria con un tasso di pericolosità alquanto accentuato, cosa, non solo oggi, sconosciuta al Lecce.
Il Lecce di oggi si è quasi completamente astenuto da questo compito, quindi… niente deviazioni. Ma la pesante sconfitta non trova spiegazione soltanto in questo: è mancato il nerbo, il carattere, la personalità, l’interpretazione della partita ed anche il controllo dei nervi (non è la prima volta)! Non si tratta di qualità tecniche, lo so bene, si tratta comunque di qualità, e senza queste non si va da nessuna parte, neanche potendo far leva, come molti continuano a ripetere, su qualità tecniche di gran lunga superiori a quelle degli avversari.
Voglio ripeterlo: se il bambino infila per la terza o quarta volta le dita nel barattolo della marmellata si rivelano più efficaci un paio di sculaccioni che i ripetuti amorevoli rimproveri. Vale anche, io credo, per… i genitori!
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