LECCE – Sembra impossibile, ma è pura realtà. La crisi economica ha inciso e sta incidendo pesantemente sulle abitudini alimentari degli italiani che sempre più si stanno allontanando dal regime della dieta mediterranea: un fenomeno che ha ripercussioni gravi sulla salute e sull’economia del Paese. “In appena cinque anni si è passati dal 33,7% di adesione registrato nel 2005 al 17,3% del 2010 – ha detto Giovanni de Gaetano, ricercatore dell’Istituto neurologico Neuromed – Un trend che riguarda tutte le fasce d’età. Più si ha disponibilità economica e più si mangiano ingredienti sani. L’inizio della crisi economica nel 2007 ha divaricato le disuguaglianze e rischia di avere conseguenze a lungo termine sulla salute degli Italiani, soprattutto nelle fasce più deboli”.
Giovanni de Gaetano è intervenuto al XI forum dell’informazione cattolica organizzato a L’Aquila da Greeaccord è ha sottolineato come le evidenze scientifiche hanno portato la “dieta mediterranea” a diventare patrimonio dell’Umanità. L’adesione a questo regime alimentare, a questo vero e proprio stile di vita, si risolve in una netta e evidente diminuzione, fino al 40 per cento, delle malattie cardiovascolari e della mortalità connessa. E anche in soggetti già malati come i diabetici, l’adesione di lungo periodo alla dieta mediterranea si risolve in un dimezzamento del tasso di mortalità.
Ma purtroppo le evidenze scientifiche sono altrettanto forti della crisi economica. La crisi che incide fortemente sulle abitudini alimentari nel nostro paese sta scavando un altro fossato di separazione tra ricchi e poveri, sul terreno però della salute. E non solo. Nel corso dei lavori è emerso che il progressivo allontanamento degli italiani dal regime alimentare dettato dalla dieta mediterranea apre oltre che problemi sanitari, anche criticità di tipo economico perché finisce per essere un danno prima di tutto per i produttori agricoli locali.
Tra le diverse azioni da sostenere per arginare queste tendenze vanno valorizzate le iniziative per la tutela dei prodotti nazionali di qualità che investono sulla tracciabilità, e vanno analogamente sostenute le iniziative di contrasto allo spreco di cibo nella grande distribuzione.
“Ogni prodotto immesso in commercio -ha osservato Giancarlo Belluzzi, esperto di Analisi del Rischio in Sicurezza alimentare intervenuto al Forum – deve avere una sua traccia per risalire alla materia prima con cui è stato realizzato. Ci sono filiere che già oggi sono completamente tracciate dall’inizio alla fine, qualcun’altra si sta ancora attrezzando. La filiera del pomodoro per esempio sta iniziando a usare i droni per fotografare i prodotti durante la raccolta e durante la trasformazione per fornire informazioni puntuali ai consumatori”.