LECCE – Ci ha lasciato un altro dei grandi del calcio romantico. Si è spento all’età di 78 anni Mario Corso, calciatore dal sinistro delizioso ed allenatore con una fugace apparizione anche sulla panchina del Lecce. Era la stagione 1982/’83 quando l’inventore della punizione “a foglia morta” fu chiamato dal presidente Franco Jurlano e dal Ds Mimmo Cataldo a guidare la formazione giallorossa.

Un’esperienza poco esaltante, forse anche a causa del suo carattere schivo e poco incline a mostrare le proprie emozioni che mal si conciliava col calore di una piazza e di una proprietà sanguigna come quella leccese. Il suo ruolino totale parla di 43 panchine tra campionato e Coppa Italia con 12 vittorie (su tutte quella nel derby d’andata a Bari per 1-2 con rete della vittoria di Ciro Pezzella all’89°), 16 pareggi e 15 sconfitte che valsero al Lecce 34 punti in classifica tra i Cadetti ed un poco lusinghiero quattordicesimo posto, a sole due lunghezze dalla zona retrocessione, che però valse la salvezza. Quel Lecce pagò un rendimento scadente soprattutto nel girone di ritorno, ma si gettarono le basi per il gruppo poi affidato a Eugenio Fascetti che centrò la Serie A due stagioni dopo. Con Corso in panchina esordirono in prima squadra i leccesi Claudio Luperto e Totò Nobile.

Nato a San Michele Extra (Verona) il 25 agosto 1941, Corso ha fatto parte con la sua maglia numero 11 della Grande Inter del presidente Angelo Moratti e di Helenio Herrera che negli Anni Sessanta vinse praticamente tutto. Si è spento in ospedale dov’era ricoverato da giorni lasciando in quanti lo hanno conosciuto l’immagine di un vero signore, mai sopra le righe, tra i pochi a saper dare davvero del tu al pallone.

Questo il ricordo dell’U.S. Lecce attraverso un post sui propri canali social:

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