LECCE (di Italo Aromolo) – Con il pareggio per 2-2 contro il Genoa il Lecce ha allungato a nove la striscia di partite consecutive in cui è andato a segno in questa Serie A. Un filotto su cui in pochi avrebbero scommesso dopo le prime due giornate, quando le sconfitte all’asciutto contro Inter (4-0) e Verona (1-0) avevano sollevato gli scetticismi della piazza sulle reali potenzialità di questa squadra.
Da quel momento, invece, l’embrione amorfo del Lecce si è schiuso ed è cresciuto costantemente, plasmato dal demiurgo Fabio Liverani: il tecnico romano ha trasmesso la filosofia di un gioco che mira all’attacco in maniera costante ed avvolgente, attraverso una manovra pulita, rasoterra e corale, per quanto nelle possibilità tecniche di una formazione neopromossa. Alla prova pratica, l’impianto teorico del mister ha retto con ottimi risultati: dopo Lecce-Roma 0-1 dello scorso settembre, l’attacco giallorosso ha perforato tutte le difese incontrate con la media di 1,6 gol realizzati a partita.
L’identità del Lecce 2019/’20 riporta alla mente un’altra stagione di Serie A vissuta sull’ottovolante delle emozioni offensive: quella con Zdenek Zeman in panchina, padre del bel gioco per antonomasia dai tempi del Foggia, quando nei primi anni ’90 incantò l’Italia pallonara a suon di spettacolari triangolazioni che valsero l’appellativo di “Zemanlandia“. Proprio al tecnico boemo appartiene il record del maggior numero di partite consecutive a segno del Lecce in Serie A: furono 19, un’intero girone, nel campionato 2004/’05.
Quella in corso è invece la terza migliore serie in assoluto nel massimo campionato, ad un passo dalle 10 partite della stagione 2010/’11, con Gigi De Canio in panchina. Sabato prossimo a Brescia si prospetta la possibilità di eguagliarle, segnando almeno un gol per alimentare la storia di un mito appena cominciato: “Liveranilandia“, la giostra del gol che fa vincere e divertire chiunque ci salga.