LECCE (di Italo Aromolo) – A guardare il risultato, chi si aspettava gol a grappoli sarà rimasto deluso. Eppure Lecce-Roma è stata uno spettacolo gradevole, incalzante nei ritmi, semplicemente divertente per gli oltre 26mila spettatori del “Via del Mare”. Solo per l’irragionevolezza del caso la casella dei gol si è arenata ad uno, quello romanista, perché le due squadre se la sono giocata tatticamente a viso aperto in un susseguirsi di ribaltamenti in stile basket. E non poteva essere diversamente con due allenatori come Fabio Liverani e Paulo Fonseca, padri di un pensiero offensivo che bada a difendere con il possesso della palla nella metà campo avversaria.

Il Lecce attacca: palla a Mancosu, Babacar largo, Majer si inserisce

Certamente non è ancora il Lecce dei piani teorici del suo allenatore, ma il primo tempo della gara è il manifesto programmatico del 4-3-1-2 liveraniano: corsa e intensità unite agli inserimenti dei centrocampisti, che decompongono la difesa della Roma ora da centro-destra, ora da centro-sinistra (“Majer o Petriccione?” il tarlo nella testa dei difensori romanisti alla ricerca di nuove marcature di azione in azione). Gli attaccanti Babacar e Falco si tengono molto larghi per scoccare imprevedibilmente due soluzioni: il tiro, rientrando sul piede dominante, o l’assist per i compagni indemoniati accorrenti dalle retrovie. I primi 45′ sono un festival delle occasioni da gol che vedono andare al tiro i giallorossi salentini con le due punte, il trequartista Mancosu e le mezzali Petriccione e Majer.

I due mediani della Roma si abbassano per impostare e “doppiano” l’azione dei centrali di difesa

Al contrario, la Roma del primo tempo pare la contraffazione di quella pensata da Fonseca: in fase di impostazione del 4-2-3-1 i due mediani , Diawara e Veretout, si abbassano fin troppo per raccogliere palla nel settore difensivo, lasciando la tetrade anteriore (Kluivert-Pellegrini-Dzeko-Mkhitaryan) schiacciata tra le due linee di pressione del Lecce (centrocampisti e difensori). Quella verticalità offensiva richiesta dallo stesso Fonseca è solo timidamente accennata, complice la posizione degli attaccanti spesso sulla stessa linea orizzontale, in attesa di passaggi che si rivelano di scarsa pericolosità e facile lettura per la difesa del Lecce.

La Roma nel secondo tempo: i due mediani si alzano e lasciano l’iniziativa ai centrali di difesa

Nel secondo tempo, però, l’atteggiamento dell’undici capitolino cambia radicalmente: la coppia di centro-mediani si alza e si interpone tra le linee salentine, per cui la genesi dell’azione trasloca ai piedi dei difensori centrali Smalling e Mancini. La Roma guadagna uomini e campo, il piano di pressing del Lecce si slabbra, anche per le forze fisiche naturalmente sottratte dal dispendio così generoso al pronti-via nella settimana delle tre gare ravvicinate.

Il gol della Roma: Majer perde palla e manda fuori tempo quattro difendenti del Lecce.

La resistenza al forcing romanista dura appena 11 minuti, fino alla nefasta palla persa da Majer in uscita dall’area di rigore: la giocata taglia fuori ben quattro difendenti leccesi (già proiettati in avanti per sfruttare la ripartenza) e consente alla Roma un immediato attacco in superiorità numerica (4 contro 3) in cui Dzeko non fatica ad insaccare il gol dell’1-0. Il progressivo esaurirsi delle energie rende poco lucida e prevalentemente emotiva la reazione dei padroni di casa, che conservano lo svantaggio di misura ma non riescono ad impensierire Pau Lopez: con qualche rimpianto il Lecce incassa la sconfitta ma riparte da ulteriori consapevolezze, per guardare con fiducia al campionato che lo aspetta.

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