LECCE (di Italo Aromolo) – La storia è quella curiosa e abbastanza unica nel suo genere di una virgola sbagliata. Le virgole, segni d’interpunzione così piccoli che nella scienza possono uccidere una persona per una dose di farmaco alterata o stravolgere anni e anni di opinione pubblica, come nel nostro caso. Veniamo al dunque: alla fine dell’800 il chimico tedesco Erich Von Wolf misura il contenuto di ferro negli spinaci e, anziché 3,5 trascrive 35 milligrammi di minerale in 100 milligrammi di spinaci. Dieci volte tanto! Secondo altre fonti, ad alterare la misura non sarebbe stato un errore di trascrizione, ma l’utilizzo degli spinaci secchi: in questi il ferro non è diluito dall’acqua, come nella verdura fresca, ma è concentrato 10 volte di più.

La sostanza non cambia: l’errore sarà scoperto quarant’anni dopo, nel 1937, quando campagne d’informazione per sostituire la carne già imperversavano ed esaltavano gli spinaci come la più salutare delle verdure. Le vendite impennavano, per la gioia dei contadini, e la pianta era ormai uno degli alimenti più amati. Nel frattempo faceva il suo esordio Popeye, marinaio di fumetti e cartoni animati a cui bastava mangiarne una scatoletta per gonfiare il bicipite e tirarsi fuori dai guai con l’inconfondibile ritornello di sottofondo. Esportato in Italia col nome di “Braccio di Ferro”, le sue ritrasmissioni di successo hanno contribuito ad alimentare il mito fino ai giorni nostri.

L’errore non è stato di poco conto se pensiamo che oltre il 30% della popolazione soffre di anemia, spesso dovuta alla carenza di ferro. E proprio a queste persone si consiglia di seguire diete ad alto contenuto del minerale, per cui ingerendo spinaci al posto di carne o altri alimenti si priverebbero di un potenziale beneficio.

Secondo l’aggiornata classifica del Consiglio per la ricerca in agricoltura, gli spinaci crudi contengono 2,9 milligrammi di ferro ogni 100 milligrammi(*). Si tratta del centesimo posto su un ranking di 544 alimenti: al primo c’è la milza di bovino con 42 milligrammi di ferro, seguita da altri tipi di carne, pesce e legumi che apportano tra i 6 e i 10 milligrammi ogni 100 di prodotto. Gli spinaci sono dietro ad alimenti tutt’altro che noti per la correlazione al ferro: le albicocche con 5,3, i fiocchi d’avena con 5,2, il cioccolato fondente con 5, il caffè tostato con 4,1 e le arachidi tostate con 3,5.

Ma non è tutto. Per valutare l’apporto di un nutriente, infatti, va considerato anche quanto il nostro intestino è capace di assorbirne (la cosiddetta “biodisponibilità”). E il ferro contenuto nei vegetali, come gli spinaci, è poco biodisponibile rispetto a quello animale: questo perché è assente un composto chimico che ne facilita l’assorbimento (detto “eme”), presente invece nel sangue e nei muscoli degli animali. Solo tra il 5 e il 10% del ferro della verdura è assorbito: ciò significa che il contenuto effettivo apportato al nostro organismo si abbassa da 2,9 a circa 0,3 milligrammi ogni 100 di prodotto.

Gli spinaci ringraziano la storia per l’immeritata gloria e ci lasciano un insegnamento sulla fallibilità della scienza: il rigore del metodo sperimentale non ammette distrazioni e lì dove c’è un errore nel processo tra osservazione e misurazione, l’unica conseguenza scientificamente possibile è un risultato sbagliato, un concetto distorto e, talvolta, un falso mito generato e tramandato nel tempo.

ATTENZIONE: Le informazioni contenute in questo articolo sono presentate a solo scopo informativo. Non intendono sostituire il rapporto diretto medico-paziente. Si raccomanda di chiedere sempre il parere del proprio medico riguardo qualsiasi indicazione riportata.

* Il valore corregge parzialmente quello di fine ‘800 per la maggior precisione delle tecniche di misurazione moderne.

Bibliografia

  1. Istituto Superiore di Sanità: Hai bisogno di ferro? Mangia tanti spinaci
  2. Tabelle di composizione degli alimenti del Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria (CREA) 
  3. Hamblin TJ. (1981) Fake! British Medical Journal; 283(6307): 1671–1674
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