In questo 8 marzo 2018, in occasione della Festa della Donna, abbiamo deciso di pubblicare la lettera di Arianna Longo, studentessa leccesa di terzo liceo, che ha scelto di dedicare un pensiero fuori dal coro ad una dei tanti bambini che ogni giorno, ogni ora, muoiono in Siria sotto i bombardamenti nell’indifferenza più totale di chi potrebbe intervenire, ma lascia che atrocità e morte siano la quotidianità con cui convivono, e troppo spesso perdono la vita, migliaia di incolpevoli bambini. Ma lo sguardo catturato in una foto non ha lasciato indifferente Arianna che fa della scrittura uno strumento di riflessione prima personale e poi da condividere. Buona lettura…

LECCE (di Arianna Longo) – Ti chiedo scusa, bambina, se la mattina non voglio uscire dal calduccio del mio letto, se a volte mi lamento perché a colazione sono finiti i miei cereali preferiti o perché andare a scuola mi costa troppa fatica alle 8 di mattina.
Ti chiedo scusa, bambina, se le lotte che conosco io oggi sono quelle per il bel voto, per quello che dovrò fare in futuro o, peggio ancora, quelle dei videogiochi.
Ti chiedo scusa, bambina, per un mondo che corre veloce e per il tempo che scorre.
Per l’indifferenza che dilaga e perché siamo bravi solo a parlare, a giudicare.

Scusa, bambina, perché lo so che tu ti alzeresti anche alle 5, ogni mattina, pur di non vivere così come vivi, salteresti di gioia per il risotto al radicchio che a me non piace (anche per molto meno, forse) e guarderesti il mondo con occhi già grandi.
Lo so che ti piacerebbe imparare dietro un banco di scuola, che ti piacerebbe il teatro, la danza, la musica.
Lo so che i tuoi occhi già cresciuti non rinuncerebbero lo stesso a giocare, a gridare, a scoprire.

Ti chiedo scusa perché siamo molto, troppo lontane affinché io possa capire davvero quello che provi. Mi limito ad immaginare.
Anche tu provi l’amore, la paura, la sofferenza… e la speranza.
Non ti chiedo scusa perché la vita ti ha resa grande troppo presto, non è colpa mia, ma perché io lo sono davvero, grande, e mi rendo conto che tu lo sei molto più di me, nella quotidianità.
E poi ti chiedo scusa per il modo in cui le tue foto arrivano a noi. Distorte, svuotate, estenuate dai telegiornali.
Scusa, bambina, se la cronaca ci sembra ripetizione, ormai, e per i capricci, le paranoie, per le chiacchiere inutili di ogni minuto.

Perdonaci per quante volte abusiamo della parola morte, per i nostri dubbi inutili sul senso della vita e per altre mille cose ancora.
Uno dei miei sogni più grandi, da sempre, resta quello di venire, un giorno, a conoscere di persona i tuoi posti, te e i tuoi amici.
Di vederti sorridere per un attimo come, quest’estate, il piccolo Mohamed.
Un attimo lungo un’eternità.

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