PERUGIA (di Luca Manna) – Non voglio aspettare. Ho deciso di scrivere il mio solito “sfogo” settimanale da tifoso fuorisede, prima che venga annunciato il nome del nuovo allenatore del Lecce. L’ho fatto perché credo che sia giusto esprimere delle riflessioni indipendentemente da quanto la società deciderà di fare e da chi da domani siederà sulla panchina giallorossa anche perché, dopo 6 anni di sofferenza e 10 cambi di guida tecnica vissuti da quando siamo in Serie C, vi confesso che neppure mi interessa più sapere chi sarà la nuova guida del Lecce; mi interessa solo quello che farà sul campo e durante la settimana.
Parto esprimendo tutta la mia solidarietà e la mia stima a Robertino Rizzo che da grande uomo e signore ha deciso di rassegnare le proprie dimissioni perché si è accorto di non riuscire a reggere più le pressioni di una piazza che vive ormai il calcio in maniera isterica. Indipendentemente dal fatto che la sua scelta possa essere condivisibile o meno e che la stessa lo possa classificare o meno professionista idoneo o no alla carriera di allenatore, credo che pochi siano ormai i tecnici che rinunciano al proprio stipendio e mettono al primo posto la tranquillità e la serenità, oltre al poter vivere con la coscienza pulita nei confronti di chi ha puntato su di lui affidando un progetto che non si sente più di portare avanti.
Lascio da parte le polemiche sulle esternazioni social di molti tifosi, ho deciso che quelle non saranno più un mio problema dopo aver constatato la bassezza di alcune affermazioni, ma ribadisco un concetto spesso espresso in passato e cioè che Rizzo fu confermato anche per “acclamazione” da parte di quasi la totalità della tifoseria, soprattutto dopo la bella e sfortunata prestazione del 4 giugno ad Alessandria. Le sue dimissioni non sono la sconfitta di tutti, come qualcuno ritiene, sono semplicemente figlie di un calcio che a Lecce da troppo tempo vede i tifosi come valore aggiunto sugli spalti, ma anche come profilo troppo invadente nel lavoro settimanale, sebbene dei professionisti dovrebbero essere bravi ad isolarsi soprattutto lasciando da parte quanto di squallido i social network possano produrre.
Mi preme sottolineare poi che anche la società debba, una volta per tutte, prendere posizione su alcune cose. Sono e continuerò ad essere un tifoso grato a questo gruppo di persone che ci permette di continuare a tifare per una squadra che mantiene un dignitosissimo profilo nella terza serie nazionale, ma è arrivato il momento di stringere i denti e di iniziare a capire se qualcosa nella gestione del lato sportivo possa essere migliorata.
Forse nel Lecce manca una figura forte e di riferimento che possa una volta per tutte fare da filtro fra squadra e tifosi, un Direttore Generale, un Team Manager, un qualsiasi altro “ruolo” che sappia isolare la squadra da determinati atteggiamenti dei tifosi, ma che sappia anche controllare che la squadra in ogni sua componente si stia comportando in maniera corretta, dentro e fuori dal campo; una figura inoltre che abbia capacità comunicative tali da trasmettere carica a tutte le componenti, che sia da supporto per l’allenatore e che, all’occorrenza, sappia anche far fischiare le orecchie in Federazione quando gli arbitri, per esempio, ci mettono 2 minuti a far prendere 4 giornate a Di Piazza, ma non tirano poi fuori i cartellini rossi quando entrate killer rischiano di spezzare le gambe ad un giocatore del Lecce (il fallo di Esposito su Di Matteo sabato sera era da censura).
Infine, quello che dopo la partita di Catania risulta essere per me il tasto più delicato e la nota più dolente, i calciatori. Questo gruppo ha avuto da parte mia e della maggioranza dei tifosi fiducia incondizionata dal primo giorno del ritiro dell’era Padalino. Sono state perdonate le magre figure fatte lo scorso anno in partite cruciali, è stato perdonato loro lo strano atteggiamento dopo Foggia, siamo stati sempre vicini a chi sembrava in difficoltà, abbiamo scherzato e giocato con loro, abbiamo creduto nella loro forza e addebitato a fantomatiche sfortune le mancanze di obiettivi raggiunti sul campo. Mai sono stati contestati in maniera forte (tranne rari casi e sempre e solo sui social network) ed il “Via del Mare” non ha mai fatto mancare colore e calore che potesse trascinarli. Anche quest’ anno dopo Pordenone e dopo Brindisi, moltissimi tifosi hanno continuato a sostenere che ci vuole calma, pazienza e tempo e sicuramente è ancora così; però, prestazioni come quelle di Catania non possiamo sinceramente più tollerarle.
Chi paga, si sa, è sempre l’allenatore, ma in campo ci vanno i calciatori… Non si contesta tanto la prestazione generale che, fino al goal del 2-0 di Marchese, ci aveva comunque visto “in partita”, ma si contesta l’atteggiamento. Decine di controlli di palla facili sbagliati, decine di passaggi semplicissimi finiti male, un numero indecifrato di cross e verticalizzazioni sbagliate, senza neanche alzare la testa per capire se almeno vi sia un compagno piazzato; poco movimento davanti, avversari sempre in anticipo sul pallone, sovrastati sul piano della corsa e della fatica da centrocampo e difesa avversaria; insomma uno spettacolo indegno per chi vorrebbe che la maglia venisse quantomeno sudata 90 minuti la settimana.
Nessun calciatore della rosa dell’U.S. Lecce 2017/’18 si può risentire se oggi tanti tifosi (me compreso) sono delusi e arrabbiati, sì per il risultato, ma soprattutto per l’atteggiamento visto in campo che ha offeso la nostra fiducia e la nostra voglia di amare questi ragazzi in maniera incondizionata. Per fortuna il tempo e la classifica sono ancora dalla nostra parte, ma è ovvio che da Catania è iniziata una fase in cui il gruppo di calciatori chiamato a vestire la maglia giallorossa, dovrà ricominciare piano piano e passo dopo passo a riconquistare la fiducia di chi fino a sabato sera mai l’aveva fatta mancare.
Pretendiamo sudore e impegno, abnegazione e coraggio; vogliamo vedere un Lecce cattivo (ma non isterico e pronto alla rissa come spesso vediamo e che ci porta a sanzioni stupide ed evitabili), un Lecce che arriva sempre prima degli avversari sul pallone, un Lecce che non faccia respirare chiunque sia l’avversario. Non vogliamo più sentire allenatori che dicono che “abbiamo sbagliato l’approccio”, perché questo benedetto approccio ha un solo fattore che lo può indirizzare nella direzione giusta: la voglia!
Rizzo è andato via, con onore e meritandosi il nostro rispetto; voi giocatori siete rimasti e siete chiamati, da oggi e fino a quando avrete il giallo ed il rosso addosso, a dimostrarci che lo meritate anche voi, esattamente come abbiamo pensato e abbiamo dimostrato in tanti modi fino a sabato scorso.
Non sono d’accordo su alcune cose che scrivi. Tu dici che i tifosi, sono delusi e arrabbiati verso i giocatori, ma hanno la voglia di amarli in maniera incondizionata. Mi sembra un controsenso!!! Molti tifosi amano la maglia, “solo la maglia”, ma non hanno nè rispetto, nè amore per i giocatori (chiamati più volte mercenari), nè la società intera, compreso allenatore.
L’approccio come dicono molti è il modo in cui un giocatore affronta una competizione. Le cause possono essere tante: stress, forma fisica, nervosismo, poca concentrazione, difficoltà nell’eseguire determinati schemi, ecc. Non credo che si tratti di non voglia di giocare altrimenti non giocherebbero a pallone.