LECCE (di Gavino Coradduzza) – Il successo domenicale del Benevento non concedeva alternative al Lecce inseguitore: servono i tre punti per rimanere in scia e d’altra parte, agli uomini di Braglia (di nuovo in panchina, squalifica scontata) si chiedeva un colpo di spugna che cancellasse la prova incolore dell’ultimo confronto casalingo finito in colpevole parità. Avviata la gara col piglio giusto, i giallorossi salentini hanno impiegato poco più di un quarto d’ora per mettere in chiaro che le possibilità di farla franca al “Via del Mare” ,da parte del Catanzaro, equivalevano a zero. Un paio di giri di lancette per il gol di Moscardelli, qualcuno in più per il raddoppio di Doumbia; due azioni ben costruite, rifinite con precisione e finalizzate con due colpi precisi e di elevata qualità stilistica: imparabili!
Da quel che accade in campo non ci si stupisce più di tanto quando giunge in rete il preciso fendente di Papini che arrotonda a 3-0. Il Catanzaro è in via di liquefazione; il Lecce dilaga non soltanto insidiando con continuità la porta ospite, ma anche (udite, udite) nel disegnare trame di gioco e preziose triangolazioni di pregevole fattura: sugli spalti si canta e si balla! Quando Braglia richiama in panca Surraco sostituendolo con Caturano, il nuovo entrato lo ringrazia infilando il quarto gol con un sinistro partito dai sedici metri. Parlare ancora di partita sembra proprio esagerato: in campo c’è una sola squadra, il Lecce; e a ripercorrere l’intero film della gara sembra quasi ovvio lasciarsi andare affermando che di partita vera e propria, nel senso di due squadre che si affrontano per conquistare il successo, praticamente non ce n’è stata. Non tragga in inganno il dato numerico relativo al possesso palla che vede prevalere percentualmente i calabresi; il possesso palla ha un senso compiuto quando diventa strumento di concretezza, quando serve per andare a segno.















