Gavino Coradduzza (3)LECCE (di Gavino Coradduzza) – Su Catanzaro-Lecce voglio essere pedante, anche più del solito: per lunghi anni, in verità mai finiti, a seguito di bocciature scolastiche dei pargoli, le mamme coccolavano il proprio rampollo con un: “Stai tranquillo e sereno, figlio mio, non è colpa tua, ma del tuo professore che non ti ha capito“. Quel rampollo, molto probabilmente, ha continuato ad essere un somaro, tanto, la colpa è del professore…

Mi si obietterà: che c’entra con il Lecce? Presto detto. Accade ancora molto spesso di leggere e udire che la sconfitta del Lecce tragga origine dalla cattiva sorte; teoria sconfessata a Catanzaro dallo stesso allenatore giallorosso quando, a fine gara, dichiara che: “Di questo passo non si va da nessuna parte“. Se la colpa fosse della iella significherebbe che la prestazione in sé è buona o almeno sufficiente e che dunque si può proseguire sul medesimo tracciato (Catanzaro) in attesa che la sfortuna si dilegui, magari dopo aver restituito il presunto maltolto. Posso senza meno sbagliarmi, ma personalmente son convinto che tra gli avversari più subdoli e temibili del Lecce sia da annoverare la teoria della assoluzione a causa della sfortuna.
Quando scrissi che i risultati positivi avevano parzialmente occultato talune magagne che non era il caso di accantonare nel dimenticatoio, da più parti mi si accusò di non essere tifoso del Lecce. Ebbene, sì! Nello stendere queste righe mi son sempre preoccupato di scrivere dopo aver dismesso gli occhiali del tifoso, ma li inforco di nuovo dopo aver concluso. Un modesto Catanzaro, ma in condizioni psico-fisiche eccellenti, in soli 45 minuti ha messo a nudo quelle antiche magagne di cui lo stesso allenatore si era reso conto. A ragion veduta, Braglia parla di errori clamorosi (il riferimento è lampante, è inutile prenderci in giro). Egli sostiene, in aggiunta, che “Il Lecce fa fatica a tenere in mano la gara; nei secondi tempi è sempre (sempre, si badi bene…) in sofferenza“. Spetta ovviamente a lui di spiegarci il perché della scomparsa dal campo dopo soli 45 minuti, di una mezza dozzina di giocatori (chi più, chi meno, ovviamente).
Va da sé che un pomeriggio fiacco possa capitare a chiunque; non stiamo dunque celebrando il funerale del Lecce che ha mezzi e tempo per riprendere la corsa, ma se lo stesso Braglia analizza e afferma che  che nei secondi tempi (plurale, si badi ancora bene) la squadra è SEMPRE in sofferenza, penso si possa tranquillamente affermare che la cattiva sorte non c’entra assolutamente per niente. Il pane si chiama pane, ed il vino, vino; il rosolio… è cosa diversa!
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