LECCE (di Gavino Coradduzza) – Quando si chiudono in cassaforte i tre punti, che sono di gran lunga la cosa più importante, si può anche dar via libera alla voglia di scherzare su una partita di calcio: paghi uno e prendi due; paghi un tagliando di ingresso e vedi due partite da quarantacinque minuti ciascuna, ma pur sempre due… Prima partita cioè primo tempo che, come confronto tra due squadre, dura meno di dieci minuti trasformandosi ben presto in un monologo del Lecce. A giocare (anche assai piacevolmente) c’è una sola squadra, mentre l’altra è alle corde. Lecce compatto, Lecce consapevole, egregiamente sospinto dall’incessante, coreografico incoraggiamento del covo del tifo: la Nord. Metà campo da vendere, il teatro delle operazioni è profondo una cinquantina di metri, ma è anche notevolmente intasato.
Sorvoliamo sull’appetito di Curiale divoratore di un gol più facile da infilare che da sciupare (20°) perchè due minuti più avanti Moscardelli confeziona un mezzo capolavoro su calcio da fermo: venticinque metri di traiettoria perfetta per depositare la palla in fondo al sacco. Il Monopoli ricorda quegli scolaretti volenterosi, col candido grembiulino, animati da spirito di partecipazione; mette in piedi qualche apprezzabile tentativo di ripartenza stroncato sul nascere dall’arcigno centrocampo giallorosso che, con Papini e De Feudis, non concede neanche le briciole. Sul piano del palleggio, della guida del gioco il Lecce è il maestro che snocciola nozioni di calcio allo scolaretto (senza offesa, s’intende), ma la vecchia allergia del tiro in porta ad elevato tasso di pericolosità continua ad affliggere l’attacco giallorosso. Il gol di Moscardelli nasce infatti da palla inattiva ed i gol realizzati nella gestione Braglia hanno paternità centrocampistica (Papini e Lepore).
La ripresa offre uno scenario diverso: sempre per scherzarci su, si può dire che il maestro del primo tempo chiede all’alunno il grembiulino e si accomoda tra i banchi; fa capolino qualche antico “tic” di supponenza, il ritmo cala e le geometrie fanno i conti con qualche lineetta di stanchezza, forse anche caratteriale. Un crescendo di approssimazione e di smarrimento della misura anche negli appoggi più semplici. Cresce in vivacità il Monopoli che fiuta l’opportunità di nobilitare la trasferta in Salento; il Lecce abbassa notevolmente il baricentro (o vi è costretto dal vivacissimo undici biancoverde), qualche svarione fa rimpiangere quel primo tempo di lusso e così, tra gli spalti, nessuno azzarda di immaginare che la partita sia ormai incartata e portata a casa. Non che il Monopoli faccia scoppiare le vene dei tifosi del Lecce per impetuoso afflusso di adrenalina, questo proprio no, ma il triplice fischio finale è accolto con un certo serpeggiante sollievo!
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