LECCE (di Pierpaolo Sergio) – Questione di stile. Ecco come riassumere il tam tam di voci, critiche, sberleffi e risposte piccate che si è scatenato dopo la pubblicazione delle dichiarazioni dell’ex direttore sportivo dell’U.S. Lecce, Guido Angelozzi che in un’intervista ha voluto fare gli auguri di rito per le feste ai tifosi di Bari ed Andria, sottolineando di non volerli estendere anche ai supporters di fede giallorossa. Una caduta di stile del dirigente catanese che altro non fa, né potrebbe, che esacerbare la ormai insanabile frattura tra lui e le frange più accese della tifoseria leccese. Ad Angelozzi in molti non hanno perdonato l’operato ritenuto sciagurato durante la sua esperienza all’interno del club allora di proprietà della famiglia Semeraro, che lo ingaggiò, ed al quale venne data praticamente carta bianca all’indomani dell’esonero di mister Zdenek Zeman. Poi la china inesorabile assunta dalla squadra in Serie A con Beretta in panchina ed una campagna acquisti estiva assai deludente, così come lo sarebbe stata anche quella del mercato di riparazione di gennaio. Una colpa addossata soprattutto al diesse di quel periodo, contro il quale vennero addirittura affissi numerosi manifesti in città che lo invitavano ad andar via da Lecce.
Il calcio fortunatamente sa però essere anche motivo di “amori” che non svaniscono all’improvviso, ben più lunghi della fiamma di un cerino, legami indissolubili e forse retaggio di quel calcio antico che i più rimpiangono, contrapponendolo al cosiddetto calcio moderno, in cui non ci sono quasi più calciatori-simbolo di una squadra, le eterne bandiere che legavano il proprio destino alle sorti di una formazione magari per tutta la carriera. Proprio a Lecce di esempi simili se ne possono fare diversi. Ad ogni modo, ripescando tra le pagine della memoria, ho ricordato l’episodio che vide protagonista il sempre amato Rodolfo Vanoli, terzino fluidificante entrato nella leggenda calcistica leccese per esser stato tra gli artefici della prima storica promozione del Lecce in Serie A nella stagione 1984/’85 e che ne vestì la maglia dal 1984 al 1989.
Riproponendo la lettera che l’idolo di stuoli di tifose salentine scrisse alla Curva Nord si può constatare la differenza che caratterizza diversi tesserati passati nel club giallorosso nel corso degli anni…
Per rinverdire quel ricordo, o farlo conoscere a quanti non hanno vissuto quella gloriosa epoca, ecco il testo integrale della missiva del popolarissimo “Rudy”, tra l’altro avvistato in città proprio in questi giorni di feste comandate:
“Udine 22/8/1989,
Alla mia CURVA
Scusate se vi ho lasciato in questo modo ma purtroppo il Sig. Cataldo all’ultimo giorno di mercato ha trattato la mia cessione con l’Udinese, mettendomi in condizione di dover accettare, nonostante gli dissi di rinunciare a cinquanta milioni l’anno pur di rimanere nel Lecce. Quel giorno, esattamente il 19 Luglio, capii che nel mondo del calcio non si possono avere dei sentimenti, perché quando inizi ad averne sei finito; perdi i veri principi morali ed umani. Alla città di Lecce devo proprio tutto, mi ha dato l’opportunità di diventare uomo prima e calciatore dopo, e questo non lo dimenticherò mai, ora lo porterò sempre dentro di me!! A voi “RAGAZZI DELLA NORD” vorrei abbracciarvi tutti uno ad uno, perché col vostro tifo mi davate quella carica di fare sempre bene e lottare sempre fino all’ultimo, questo forse è stato per sei bellissimi anni il nostro motto che ha portato in me ed in voi quella fratellanza che ci ha unito e che spero non ci divida mai. Grazie ancora di tutto e scusate se a volte vi ho deluso, come quel maledetto spareggio, ma sono convinto che è servito a migliorarsi, perchè la sofferenza fa l’uomo forte. Sarete sempre nel mio cuore. Alla mia “curva” un arrivederci con la speranza di avere di nuovo la fortuna d’essere acclamato ancora da voi. Forza Lecce, Rodolfo.
P.S. Il mio striscione, se vi è possibile, vi chiedo di lasciarlo sempre con voi, nella mia curva!!!
Grazie“.