LECCE (di Massimiliano Cassone) – Un Lecce superbo per 75 minuti costringe il Benevento ad assaporare, per la prima volta in questo campionato, l’amaro gusto della sconfitta che arriva nel tempio del calcio sannita, il “Ciro Vigorito”. Detto ciò, sembra tutto rose e fiori, e invece no, sarebbe sbagliato non cercare di capire quali possono essere i margini di miglioramento della squadra di Franco Lerda. La gara termina con troppa sofferenza da parte dei salentini che, nonostante il sontuoso primo tempo e l’inizio del secondo sugli stessi ritmi, rischiano di vanificare tutto negli ultimi minuti, compreso il recupero.
La squadra giallorossa parte con la sfortuna addosso ed è costretta a rinunciare a Sacilotto, jolly di inestimabile valore, che in mattinata risente di un dolore muscolare ed è costretto ad andare in tribuna. Lerda fa di necessità virtù ed affida a Filipe Gomes la cabina di regia; il brasiliano risponde alla grande, la scelta del tecnico è azzeccatissima. Passano pochi minuti ed il Benevento subisce un uno-due micidiale e si ritrova sotto di due gol. Il primo è un missile terra-aria di Salvi che, da distanza siderale, non lascia scampo a Pane e consegna materiale di studio alla balistica; il secondo è di Abruzzese, prontissimo a ribattere a rete una traversa colpita da Moscardelli. Il Lecce c’è ed il Benevento, per stessa ammissione del tecnico Fabio Brini, ha paura. Negli ultimi venti minuti i padroni di casa avrebbero però addirittura anche potuto pareggiare: questo è quel che non va; il gol di Padella sorprende la retroguardia salentina e riapre la gara a dieci minuti dal termine. Sinceramente se gli “stregoni” avessero raggiunto il pari sarebbe stato ingiusto.
Ecco allora che la domanda sorge spontanea: perché non continuare a mettere paura agli avversari piuttosto che rischiare di perdere punti di platino in ottica promozione? Sinceramente il calo del Lecce non è sembrato fisico ma mentale. Bisogna ragionare su questo ricorrente aspetto proprio dopo una bella vittoria come quella di ieri perché non si può far finta di nulla. Il Lecce ha dimostrato, dopo Salerno, anche col Benevento di saper essere grande con le grandi e quindi perché non prederebbe la consapevolezza di essere i più forti ed osare magari di più?
La rosa, sempre migliorabile, pare tra le più complete del Girone C del Campionato di Lega Pro. È tutto opinabile ma non ammettere le qualità dei calciatori del Lecce sarebbe negare di trovarsi di fronte ad un capolavoro ammirando una tela di Picasso. Detto ciò, ci poniamo sempre interrogativi che consentono poi di metterci in discussione e crescere: ma Fabrizio Miccoli, sul 2-0, non poteva entrare in campo? Dopo la gara col Catanzaro così come oggi lo ripetiamo: il “Romario del Salento” non avrebbe impaurito e destabilizzato ancor di più un Benevento sotto di due gol? Forse Brini sarebbe stato costretto ad un altro tipo di cambio e, chissà, oggi staremmo parlando d’altro. Vero è che manca la controprova. Ieri il Lecce ha vinto, è a tre punti dalla vetta, e quindi dovremmo essere tutti felici e contenti. Attenzione, è meglio riflettere con la pancia piena (dei tre punti) che dopo un risultato negativo. Ci perdoni il tecnico piemontese di Fossano ma Miccoli è una grande risorsa e va gestita meglio. Lui è il capitano di questo gruppo ed è colui che l’anno scorso segnò più gol di tutti; forse per arrivare al primo posto a questo Lecce mancano proprio i suoi gol.
In conclusione sottolineiamo quanto già scritto e sostenuto: se il Lecce fa il Lecce, tutte le altre squadra sono poco “roba”, e per fare il Lecce, questa squadra, potrebbe aver bisogno di Miccoli. E non dispiaccia a nessuno, tra gli avversari, se lo ripetiamo ancora una volta: se Lerda riuscisse a regolare questi cali di tensione, prima della sosta, il sodalizio di Piazza Mazzini potrebbe stappare la bottiglia e fare gli auguri dall’alto del primo gradino della classifica del Girone. Volere è potere…