LECCE (di Italo Aromolo) – Calcio e scaramanzia, un binomio che spesso ha fatto storia, tra chi sorride e chi ci crede davvero, passando per quelli che vale il classico “non è vero, ma ci credo”. Se si prendesse il Mago Merlino e lo si catapultasse negli anni Duemila, verrebbe probabilmente assoldato in un batter d’occhio da qualche presidente di squadre di calcio che non avrebbe alcuna trovata per risollevare la propria squadra se non quella di affidarsi ai riti scaramantici di un ex fattucchiere dei cartoni animati. Non sorprende che un sortilegio del genere sia stato praticato negli ultimi Mondiali di calcio in Brasile, quando la Nazionale messicana ha affidato le sue speranze di qualificazioni a un sedicente santone locale, si sia ripetuto più volte anche in Serie A, non ultimo il caso di uno stregone che ha benedetto il presidente della Lazio Claudio Lotito, e sia accaduto anche a Lecce, ma ve ne parleremo più in là: intanto, benvenuti nello stravagante mondo della scaramanzia calcistica, in cui, se è vero che non c’è due senza tre, il Lecce può già dire di aver fallito l’obiettivo Serie B per il terzo anno consecutivo, perdendo la sua terza finale play-off in altrettanti campionati di Lega Pro.
Non ce ne vogliano Nostradamus e compagnia, ma i signori del calcio sembrano aver superato gli sciamani di ogni dove nel cimentarsi in arti scaramantiche volte ad indirizzare le competizioni a proprio vantaggio: spargimenti di sale, inversioni di posto e cravatte gialle sono solo alcuni dei più celebri cerimoniali anti-jella ideati da folkloristici dirigenti come Massimo Cellino, Aurelio De Laurentiis e Adriano Galliani. Non di rado, anche i calciatori custodiscono tutta una serie di superstizioni pre-partita: Marco Tardelli giocava ai tempi della Nazionale con un santino nascosto nei parastinchi, l’ex difensore del Milan Gianluca Zambrotta calzava sempre per prima la scarpa sinistra e l’olandese Johan Cruijff chiedeva deroghe su deroghe per poter giocare – fatto a dir poco inconsueto trent’anni fa – con la maglia numero 14 sulle spalle.
Se poi dovessimo entrare nell’ambito del tifo, siamo certi che ogni supporter avrebbe decine e decine di riti da poter raccontare, uno più curioso dell’altro. Chi scrive, per esempio, varcava la soglia d’uscita di scuola il sabato mattina pronunciando la quota di punti che il Lecce avrebbe raggiunto la domenica in caso di vittoria; il nostro Massimiliano Cassone, invece, prima di raggiungere la Tribuna Stampa del “Via del Mare” deve inevitabilmente fermarsi a metà dei gradoni per voltarsi indietro e guardare il campo; non dissimilmente, la squadra de Leccezionale non può iniziare la giornata di lavoro allo stadio senza la consueta foto di rito pre-partita.
Anche in casa Lecce, dicevamo, non sono mancati nel corso del tempo simpatici siparietti scaramantici riguardanti presidenti, calciatori o allenatori: alcuni più recenti, altri più datati, alcuni andati a buon fine, altri clamorosamente falliti, alcuni chiariti a distanza di anni, altri avvolti ancora nell’ombra di un significato che i diretti interessati non hanno mai voluto rendere pubblico.
Uno dei più recenti riguarda l’ex centrocampista del Lecce Francesco De Rose: lo scorso campionato, nel corso dei rigori al cardiopalmo che decisero l’esito del quarto di finale play-off tra Lecce e Pontedera, il centrocampista cosentino svuotava un’ intera bottiglietta d’acqua ogni qualvolta un calciatore avversario si apprestasse a battere un penalty: un modo per scaricare la tensione che si è trasformato in una micidiale macumba, visto che, al sedicesimo tiro, l’errore del toscano Pastore consegnò al Lecce l’accesso in semifinale. Scaramanzia allo stato puro anche nella rosa di oggi: durante le partite, il difensore andriese Giuseppe Abruzzese è solito indossare una canottiera tutta strappata sotto la divisa da gioco, mentre il bomber Davide Moscardelli ha annunciato che tingerà la barba di giallorosso in caso di promozione cadetta.
Piccoli rituali che appartengono anche ad un uomo che tutto può sembrare meno che scaramantico: mister Franco Lerda. Si racconta che, quando sedeva sulla panchina del Crotone, il tecnico di Fossano non potesse fare a meno di tenere un amuleto scaccia-guai ben nascosto nelle tasche dei pantaloni. Se è vero che chi comanda dovrebbe farlo senza dare ascolto al cuore, e men che meno ai capricci del caso, il Lecce potrebbe iniziare a preoccuparsi: il direttore sportivo Antonio Tesoro due estati fa ammise scherzosamente di aver scelto la località di Montecopiolo come ritiro estivo sol perché la stessa era stata opzionata l’anno precedente dal Trapani, squadra che aveva appena soffiato la promozione in Serie B alla formazione giallorossa.
Sempre in tema di dirigenti, un vecchio signore del calcio leccese come Giovanni Semeraro non resistette al richiamo degli scongiuri nel pre-partita di Lecce-Lazio, gara che nel 2001 valse la permanenza dei giallorossi in Serie A: a salvezza raggiunta, il massimo dirigente svelò che per quella partita aveva scelto di proposito di cambiare il percorso che da casa lo conduceva allo stadio, dopo che nelle ultime uscite il solito tragitto non aveva portato niente affatto fortuna.
Resta un mistero ancora oggi l’esultanza coniata da Guido Marilungo e Gianni Munari ai tempi della loro militanza in giallorosso: i due ex leader del Lecce di Gigi De Canio mimavano una sorta di doppio ciuccio ogni volta che uno dei due andasse a segno, ma si riguardavano bene dal rivelarne il significato per una questione appunto di… scaramanzia. Bene così, visto che poi è arrivata una promozione in Serie A, peccato però che, anche a stagione conclusa, la promessa di outing non fu mai mantenuta e l’enigma dell’esultanza resta tutt’ora irrisolto.
E che dire di Giuseppe Caccavallo, ex attaccante del Lecce che deve il suo primo gol nei professionisti ad una monetina nei parastinchi? Nel pre-partita di una gara dei giallorossi a La Spezia (stagione 2006/’07), un fotografo leccese si avvicinò all’attaccante (guarda caso…) napoletano e gli consegnò una monetina, raccomandandosi: “Mettila nel parastinco destro e segnerai proprio con quel piede”. Il Lecce vinse 2-0 con un gol del giovanissimo calciatore, che segnò nientemeno che… col piede destro.
Una dei personaggi più pittoreschi della storia recente del club di Piazza Mazzini è stato il magazziniere Enzo Mortari: vero e proprio Giamburrasca degli ultimi vent’anni, è sempre stato al centro di scherzi e goliardate da parte dei calciatori giallorossi. Una volta, in ritiro precampionato, gli vennero tinti i capelli di nascosto, mentre in un’altra occasione gli fu fatto credere alle quattro del mattino, di ritorno da una trasferta a Crotone, di aver dimenticato dei borsoni allo stadio “Ezio Scida”: per poco il buon Enzo non vi fece ritorno per recuperarli. Il rito propiziatorio della comitiva giallorossa, però, era di ben altra importanza: prima di ogni partita importante, infatti, gli venivano tagliati i capelli a zero come buon auspicio per l’andamento del match. L’ultimo a farlo è stato Javier Chevanton, prima che nel 2012 le storie del Lecce e del suo storico magazziniere si separassero.
Facciamo un salto nel passato e torniamo agli anni del presidentissimo Franco Jurlano, uno che, a differenza del patron Semeraro, il percorso per andare allo stadio non lo cambiava mai, ma proprio mai. Mister Eugenio Fascetti, a d esempio, era legatissimo ad un pullover verde a rombi che indossava in ogni gara, poi sostituito da un cappotto-portafortuna. Nei primi anni della Serie A, mentre il centrocampista Maurizio Raise usciva dallo spogliatoio sempre per ultimo ed entrava in campo sempre per penultimo, per ordine del presidente veniva sparso del sale dietro le porte del “Via del Mare”. Non contento dell’efficacia propiziatoria salina, Jurlano si affidò per un periodo anche ai “poteri” di un’astrologa lucana: con i suoi misticismi, la “maga” avrebbe dovuto trascinare il Lecce ad un filotto di vittorie. Le cose non andarono proprio così e la sfortunata fu congedata poco dopo: chissà perché…