LECCE (di Massimiliano Cassone) – Il rumore dei tacchetti delle scarpe da calciatore che “ticchettano” sulla scalinata del “Via del Mare“, il sole che batte sul rettangolo verde che odora di speranza, i cori che s’alzano al cielo per accogliere un ritorno, i fotografi a bordo campo pronti ad immortalare la storia di un amore che non avrà mai fine in una domenica di ottobre, quel decimo mese di quest’anno, subito dopo l’estate, che arriverà dopo una squalifica che è pesata come un macigno ma che, forse, ha messo lo zampino nella realizzazione del sogno del ragazzo di San Pio. Gli occhi gonfi, le braccia aperte e l’applauso scrosciante di uno stadio che accoglie un fratello. Emozioni forti per chi vive il calcio come una passione, per chi antepone ancora, in questo mondo superficiale, l’emozione della semplicità alle infrastrutture mentali di ragionamenti effimeri.
Mi piace immaginare così il prossimo esordio di Checco Lepore nel suo campo, perché voglio chiamarlo proprio campo, un po’ alla stregua del campetto del popolare quartiere dove ha tirato i primi calci ad un pallone, sognando di vestire un giorno la “sua” maglia, quella giallorossa. Quella divisa da gioco che ha indossato soltanto 13 volte tra campionato e Coppa Italia, mettendo a segno solo un gol nella stagione 2009/’10 riuscendo però ad ottenere la promozione in Serie A.
Si giocava Lecce–Ancona, prima giornata del campionato di Serie B, il ragazzo di Lecce che da bambino raccoglieva le palle a bordo campo quando sulla panchina giallorossa sedeva mister Giampiero Ventura, al 75° venne gettato nella mischia, col numero 17 che gli porterà fortuna, al posto di Giuseppe Vives… l’accoglienza della Curva Nord fu da pelle d’oca.
Passarono appena 7 minuti ed arrivò la soddisfazione più bella. Il centrocampista nato nel capoluogo salentino realizzò un gol meraviglioso sotto la “sua” curva, la Nord; su una rimessa laterale, ricevette palla, ipnotizzò Francesco Cosenza ed il portiere Angelo Da Costa, lasciò partire un missile terra aria e gonfiò la rete, sia pure con l’involontaria complicità del difensore che sfiorò leggermente il pallone. Esplose il “Via del Mare” e lo scorrere degli eventi si fermò in una diapositiva senza tempo, quella del ragazzo che corre verso gli ultrà per dedicare il gol ai suoi amici, mostrando quella maglietta inequivocabile sotto la maglia ufficiale che non svestirà mai e che recava la scritta “Ultrà Lecce”. Un gesto d’amore che gli varrà l’ammonizione da parte dell’arbitro Candussio di Cervignano, inconsapevole protagonista, anch’esso, di un momento che entrò nella memoria dei tifosi leccesi. Quel venerdì sera del 21 agosto 2009, è impresso tra i ricordi più belli del calcio giallorosso e nessuno mai potrà cancellarlo. Era il Lecce di Gigi De Canio, era il Lecce che si preparava a ritornare in Serie A.
Oggi è tutto un altro Lecce, è il Lecce di Franco Lerda, una squadra costruita per tentare la risalita nel calcio che conta. Una squadra formata da un gruppo di uomini veri che sono stati confermati per le qualità umane prima, e quelle di calciatore poi. Ed è in questo gruppo che si è aggregato Lepore. C’è chi sogna Messi o Ronaldo, chi Ibrahimovic o James Rodriguez, ma c’è chi sogna, invece, un cuore che batte ed acclama un ritorno non di un nome altisonante ma dal sangue che scorre nelle vene d’una passione che non tramonterà mai. Lepore ed il Lecce, due nomi che iniziano con le stessa lettera. Ricominciano insieme e, dopo Fabrizio Miccoli, ecco l’altro purosangue leccese far parte di uno spogliatoio in cui sarà bello parlare il dialetto salentino per poi imporre sul campo la dura legge del gol.
Bentornato ragazzo, che il vento per te soffi sempre in poppa…