scontri brasile
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LECCE (di M. Cassone) – L’altra faccia del Mondiale di calcio in Brasile è quella di una nazione che protesta per i 15 miliardi di dollari spesi per organizzare il massimo torneo di calcio internazionale. Il rovescio della medaglia degli stadi pieni zeppi di ricchi che hanno potuto spendere una fortuna per assistere allo spettacolo, sono le migliaia di persone sfollate con la forza dalle loro umilissime abitazioni sol perché lì era una zona d’interesse di quello show che tutto il mondo guarda.

Il Brasile delle persone normali e dei poveri protesta da mesi contro il governo di Dilma Rousseff; nessuno crede che una vittoria della Coppa del Mondo da parte dei verdeoro servirebbe a migliorare la situazione economica gravissima in cui versa il paese. E c’è rabbia per i tagli notevoli attuati a danno della spesa pubblica e al welfare: istruzione, sanità, trasporti, pensioni fino ad arrivare agli alloggi popolari.

Ma quello che più indigna il mondo, e non solo il Brasile, sono stati gli sgomberi di buona parte delle favelas e dei luoghi dei nativi.

Uno scandalo mondiale, insomma. Uno scandalo che si cerca di tenere muto, facendo coprire il suo dolore dagli inni nazionali. Ad affollare gli stadi ci sono i facoltosi giunti da tutte le parti del mondo che, dopo le giornate trascorse sulle spiagge e nei bordelli, si gustano la gara della propria nazionale: perché c’è chi viaggia per sesso e sport e chi per sole, mare e calcio, ogni scusa è buona per divertirsi quando si hanno le possibilità economiche per farlo… così è la vita.

Trascorrerà pertanto un mese in cui il governo brasiliano nasconderà la “polvere” dei problemi reali sotto i tappeti verdi dei rettangoli di gioco e negli stadi si canterà e si colorerà la fantasia di speranza, gridando per un gol, una vittoria, mentre fuori ci saranno i sit-in di protesta dei movimenti “No Copa”, attuati da studenti, sindacalisti, insegnanti, contadini senza terra, disoccupati, abitanti delle favelas e dai senzatetto.

Uno spettacolo sportivo non per tutti si consumerà nell’effimero sogno di apparire… mentre fuori, sotto i ponti, scalzi e senza speranze ci saranno milioni di persone che attanagliati dai morsi della fame, proveranno a chiudere gli occhi immaginando un domani migliore.

Questo non è sport, questo non è calcio… Il calcio vero, quello è del popolo, ha prodotto i suoi campioni migliori proprio in quelle favelas ed in quelle pozzanghere che oggi il Brasile tenta di eliminare agli occhi dell’intero globo.

Ma noi, quelli che amano il calcio, non riusciremo a spegnere il televisore per protesta… saremo lì, nonostante tutto, a sguazzare nella mediocrità di chi antepone lo spettacolo alla vita e penseremo ancora a quelle “notti magiche“, fatte di gol e di speranze. E la storia del sazio che non riconosce più la fame si ripeterà all’infinito.

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