viale Taranto clochardLECCE (di Pierpaolo Sergio e Gemma De Rosa) – Siamo tutti colpevoli di indifferenza, sordi, ciechi e muti davanti a chi urla la propria disperazione e muore, magari, tra il totale disinteresse della comunità. Ad un tiro di schioppo dal centro cittadino, vicinissimo ad un piccolo regno dell’ars ludica leccese, il teatro Koreja, su viale Taranto, la vecchia via che conduce a Campi Salentina, si è consumata un’atroce tragedia scoperta solo per caso ad alcune settimane dall’accaduto. La triste e crudele storia è nota ai più: due clochard, Veronica e Dino, hanno perso la vita, sprofondando in una cisterna piena d’acqua piovana, che si trovava proprio sotto le mura “amiche” di quella che, al momento, rappresentava la loro casa, il loro misero focolare domestico, in una abitazione fatiscente il cui pavimento ha improvvisamente ceduto provocandone il decesso.

crollo viale Taranto
foto fonte web

Nessuno ha udito nulla. Nessuno ha fatto caso alla loro prolungata assenza. Neppure chi occupa le altre spelonche nei pressi di Borgo Pace, accanto a quella che è stata il teatro della assurda vicenda. Una storia che riporta alla mente il dramma dei due fratellini di Gravina di Puglia, Ciccio e Tore Pappalardi, di 13 ed 11 anni, caduti all’interno di una cisterna il 5 giugno 2006 e ritrovati solo il 25 febbraio 2008. Atroce pensare alla disperazione di chi vede la morte in faccia e realizza lucidamente di non avere scampo. Proprio come nel caso dei fratellini di Gravina, anche la fine della malcapitata coppia vede inequivocabilmente colpevoli di “cecità” e “sordità” la società civile, le istituzioni, un po’ tutti noi. Ma per loro era normale che fosse così…  Erano “abituati” alla nostra indifferenza, pensavano magari di cavarsela anche stavolta da soli.

Veronica e Dino, volti noti a molti leccesi, erano conosciuti anche per la loro protesta con cui chiedevano una casa degna di tal nome, per le loro grida soffocate più volte nel corso degli anni, per aver piazzato una tenda davanti a Porta Rudiae, poi fatta rapidamente rimuovere, ottenendo in cambio l’essere momentaneamente ospitati all’interno dell’Ostello della Gioventù di San Cataldo, in solitudine e lontani dalla città dove almeno risultava più agevole recuperare qualche spicciolo per assicurarsi un pasto. Rivendicavano una semplice casa, un angolo dove trovare rifugio dal caldo sole dell’estate e dalle fredde intemperie invernali ma hanno trovato solo quella casupola fatiscente ed in degrado che è diventata la loro tomba per circa un mese. Sembra quasi una beffa che il ritrovamento dei loro corpi sia avvenuto il 27 gennaio, il giorno della memoria

Magari avessero gridato stavolta più forte delle altre volte. Forse li avremmo sentiti, aiutati, salvati. Veronica, per tirare a campare, si improvvisava veggente, innamoratissima del suo Dino. Era facile incontrarli al mattino, davanti alla fontana per sciacquarsi il viso e raccogliere un po’ di acqua potabile, utile per cucinare con i loro fornellini a gas di fortuna. Addio, Dino e Veronica e, soprattutto, perdonateci: non siamo stati in grado di ascoltarvi.

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