L’escalation dei venti di guerra che si registra nel Mar Mediterraneo in vista di un possibile attacco degli Stati Uniti e di altri Paesi contro la Siria di Assad è fonte di ansia e timori in tutto il mondo. Alle nostre latitudini si vivono queste vicende con un distacco quasi irreale; eppure, la paura delle conseguenze che i raid delle potenze occidentali generano in quanti, invece, si ritrovano la guerra in casa è uno sgomento che attanaglia l’anima, provocando un amaro nodo in gola.
Lo dimostrano le parole racchiuse in un messaggio inviato da Israele verso l’Italia, scambiato tra due persone amiche. Quelle che arrivano da Israele (ma potrebbero essere tranquillamente le stesse di un mamma di qualsiasi nazionalità o credo religioso) sono parole intrise di preoccupazione, bisogno di condividere il terrore di poter essere vittime di un attacco con armi chimiche, restare isolati ed in balìa di chissà quale nemico. Appare quindi chiaro in tutta la sua drammaticità il bisogno di esorcizzare l’incubo di una nuova guerra e la voglia di riuscire a garantire una vita diversa ad un figlio in un futuro che si spera possa essere all’insegna, però, della pace.
Sono Hagit, sono israeliana e sono una mamma. In Israele ci sono venti di guerra. La settimana scorsa abbiamo indossato le maschere antigas. Da noi in Israele c’è l’obbligo legale di prestare servizio militare nell’esercito per la durata di 3 anni per i maschi e di due per le donne. Mio figlio, un ragazzo di 19 anni, avrebbe preferito non fare il soldato come prevede questa legge; lui avrebbe voluto invece vivere come si vive in Europa, in Italia, ossia come un ragazzo qualunque. Nessuno lì in Europa può però capire la reale situazione e la vita che si vive in Israele; è un Paese giovane che ha vissuto più guerre ed è nato dopo l’Olocausto. Il mondo sta zitto con la Siria, non fa niente e adesso, come mamma che abita in Israele, io capisco che Israele debba essere forte senza l’appoggio esterno di nessuno. Magari ci sarà la pace, ma con chi? Shalom, Hagit.
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