LECCE – Una festa di Sant’Oronzo col retrogusto amaro e la grande paura legata al grave incidente occorso ai membri della famiglia Castelluzzo coinvolti ieri sera nell’esplosione del furgone della propria ditta carico di fuochi pirotecnici in via Potenza, nei pressi di Contrada Masseria Grande. Lì avrebbe dovuto tenersi lo spettacolo dei fuochi d’artificio che, da tradizione, chiude i festeggiamenti in onore dei santi patroni Oronzo, Giusto e Fortunato.
Passa così agli annali un’anomala edizione 2013 della festa patronale dei leccesi, rimasti senza le tanto attese due batterie di fuochi che avrebbero salutato la chiusura delle celebrazioni civili. L’incidente ha infatti portato il sindaco Paolo Perrone ad annullare l’evento in segno di rispetto e vicinanza a chi si ritrova in un letto di ospedale, mentre motivi meramente organizzativi hanno impedito di anticipare la chiusura anche agli altri eventi in programma in città, a causa dell’enorme numero di persone arrivate a Lecce.
L’episodio ha intanto riacceso le polemiche e l’annoso scontro tra chi vorrebbe una festa patronale più spirituale, meno votata al consumismo e chi, al contrario, non rinuncerebbe mai alla commistione tra il sacro ed il profano che fa di Sant’Oronzo l’appuntamento più atteso dell’estate dei leccesi.
È notorio che sono sempre stati in tanti gli snob che dichiarano di preferire “fuggire” da Lecce nei giorni della festa per non restare coinvolti nel traffico impazzito, nella giungla di divieti e nel caos da sagra di paese; a loro si contrappone chi attende proprio la festa patronale per onorare i patroni, manifestare la propria devozione, ma anche celebrare il piccolo rito del gironzolio tra le bancarelle degli ambulanti, l’acquisto di dolciumi e frutta secca, la puntatina al luna park ed i fuochi d’artificio.
Va dato atto ai detrattori della festa così concepita che è in netta crescita il partito di coloro che vorrebbero un ritorno alle origini, ad una festa di Sant’Oronzo dove le sole mercanzie esposte tra le vie del centro siano semplicemente giocattoli, noccioline, cupeta e zucchero filato. Su un punto, ad ogni modo, pare che le volontà possano convergere: non rinunciare alle luminarie che fanno respirare a leccesi, salentini e turisti aria di festa.
L’arcivescovo di Lecce, monsignor Domenico D’Ambrosio, vorrebbe che i fondi destinati alla loro installazione venissero magari destinati ai più bisognosi ma, nonostante sia un invito condivisibile, è pur vero che altre forme di carità si possono individuare ed attuare così come per altro già avviene.
L’ex presidente del Comitato Feste patronali, Wojtek Pankiewicz, ha sottolineato come il leccese ”pretenda” suoni di bande e di campane, spari di fuochi pirotecnici ed anche gli strilli dei rivenditori. La religione – aggiunge – per essere meglio vissuta ha bisogno anche di esteriori manifestazioni di festa, sia pure senza sprechi e sfarzi ridondanti. La festa popolare è tale proprio perché nasce dal popolo, dalla parte più umile del popolo, perché è certo che i ricchi non vi partecipano.