BRESSANONE – Nell’intervista rilasciata alle colonne de la Gazzetta dello Sport in giornata odierna, Eusebio Di Francesco, tecnico del Lecce attualmente impegnato nel ritiro di Bressanone, ha avuto anche modo di guardare un po’ indietro per dire la sua su certi passaggi del suo lungo percorso da allenatore. La separazione dopo pochi mesi da un Lecce in crisi nell’ormai lontano 2011, i picchi raggiunti con Sassuolo e Roma precedenti però alle difficoltà vissute soprattutto dapprima fra Cagliari e Verona, e poi alla guida di Frosinone e Venezia, con cui sono arrivate due retrocessioni consecutive sempre all’ultima giornata.

Di Francesco ha dunque commentato così il suo ritorno in giallorosso: “È un modo per riprendere qualcosa che era stato interrotto precocemente – l’esonero nel mese di dicembre del 2011 – in un contesto completamente diverso. Allora la proprietà stava vendendo, mi prese Claudio Fenucci ma dopo nemmeno una settimana lui se ne andò, la società era in autogestione e pensava di più alla vendita e questo non ha aiutato. Torno dopo due retrocessioni: è un po’ il paradosso del momento, avere avuto tante gratificazioni nonostante io non abbia raggiunto l’obiettivo. Però negli ultimi due anni, sia a Frosinone che a Venezia, il gruppo squadra ed i tanti giovani sono cresciuti, hanno acquisito valore ed esperienza. Adesso quella del Lecce è una società che si è consolidata in questi anni, che è cresciuta e che ha un presidente serio come Saverio Sticchi Damiani e un diesse come Corvino che sa di calcio e ha grande competenza. Con lui ci siamo trovati subito, avevamo le stesse idee sui giocatori che andavano presi per migliorare la squadra. Il mio rifiuto a Corvino ai tempi della Fiorentina? Andai a parlare con lui ma quell’anno decisi di andare alla Roma“.

Nelle battute conclusive dell’intervista concessa alla rosea il mister pescarese ha poi affermato: “Fra allenare una grande ed una piccola squadra ci sono differenze, in una big trovi giocatori più pronti, mentre in una piccola incontri ragazzi che devono crescere per cercare di affermarsi in un futuro con grandi squadre. La responsabilità nei confronti della società è la stessa, perché una salvezza a Lecce equivale a uno scudetto con una big. Mi definiscono un allenatore aziendalista? Fa parte del gioco, noi allenatori lavoriamo per dare il meglio all’interno dei limiti dei direttori, non dei bilanci. Ma questo non vuol dire che non mi sia mai ribellato, anzi. E poi l’allenatore dà delle linee guida, ma le trattative di mercato le fa il club. Il mio calo dopo la semifinale di Champions con la Roma? Ho fatto delle scelte sbagliate e le ho pagate, l’unica responsabilità è la mia, quando si è frettolosi e si ha voglia di rientrare si fanno degli errori. Ma ora ho lavorato molto su me stesso e sono migliorato“.

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