LECCE – “Anitya”, termine sanscrito, significa impermanenza ed è il titolo dell’ultimo romanzo, il quarto in ordine di tempo (Vj Edizioni), dello scrittore leccese Giuseppe Mazzotta, uscito in questi giorni e che sarà presentato per la prima volta al pubblico il prossimo 7 febbraio, alle ore 18:00, presso il We Lab di Lecce in Viale della Libertà, 89. Un titolo certamente non casuale ma frutto di un percorso di apprendimento e, sotto certi aspetti, anche una parziale scelta di vita.
In quest’intervista l’autore ci anticipa alcuni contenuti, chiarendo anche la ragione di un indirizzo letterario per certi versi anomalo.
Dunque, Giuseppe, come e perché nasce questo romanzo?
“Qualsiasi campo della vita nasconde aspetti sui quali possiamo avanzare soltanto delle ipotesi. Il resto è affidato alla scienza, alla filosofia e alla religione. Io cerco di esaminali dal punto di vista dell’uomo comune, categoria, se così posso definirla, alla quale appartengo”.
Aspetti immateriali, giusto?
“Sì. Però preciso una cosa. Ho scritto altri tre romanzi di generi differenti, ciononostante venivano osservati tutti da un’altra angolazione: il dietro le quinte dell’esistenza. Il mondo invisibile che, per quanto anomalo, ci pervade. Comunque per rispondere all’interrogativo di prima, come sia nato ‘Anitya’ non lo so. Probabilmente era in gestazione. Il motivo per il quale è stato scritto, beh l’idea della vita dopo la morte, mi ha sempre affascinato”.
Anitya vuol dire impermanenza, ovviamente lo hai scelto per un motivo preciso.
“Certo. È un principio buddista: niente è stabile, tutto cambia. La metafora della vita”.
Il romanzo prende in considerazione la possibilità che l’esistenza terrena una volta conclusa prosegua su altri piani.
“Esattamente. È la storia di un uomo che, a seguito della morte, s’inoltra in un ambiente nuovo e allo stesso tempo vecchio. E nonostante sia oggetto di visoni iniziali, in seguito si ricrederà grazie a un incontro. Tra l’altro già verificatosi in terra ma sotto altre spoglie: una donna che era qualcosa di più di un essere umano, ecco”.
Cosa intendi per ambito nuovo e allo stesso tempo vecchio.
“Semplice: nulla di quanto sperimentiamo durante la vita si perde; quindi il protagonista ritroverà quanto ha seminato. Ma volevo anche specificare che l’esistenza materiale è il riflesso, sbiadito e imperfetto, del cosiddetto aldilà. L’ambiente dal quale proveniamo”.
Una storia di fantasia per mettere su carta le tue teorie.
“Sì, vicenda e personaggi sono immaginari, tuttavia Anitya è ispirato a episodi personali decisamente inconsueti, e altri a me stesso narrati da individui seri, quindi mi fido”.
Di quali fatti sei stato protagonista?
“Non potendoli dimostrare preferisco non menzionarli. Ciononostante hanno esercitato un forte ascendente su di me. Mi piace pensare che ‘qualcuno’ me li abbia fatti sperimentare per dimostrare la fondatezza di certe teorie”.
Hai già in mente qualcosa di novo?
“Sì, ma è presto per parlarne. Vedremo…”
Un’ultima domanda. Dovendomi spronare a leggere Anitya cosa mi diresti.
“Che è bello! Scherzi a parte, è un altro modo per riflettere su un aspetto della vita ineluttabile”.
Giuseppe Mazzotta ha già pubblicato “Una farfalla sul vetro” – Raggio Verde edizioni. “Hey Joe” – Del Bucchia edizioni. “Nero su bianco” – I libri di Icaro editore.