LECCE (di Italo Aromolo) – È possibile innamorarsi di una squadra di calcio di una piccola città, come Lecce, senza esserci nati, vissuti o avere legami di sangue? Sì, è concesso anche questo nell’indecifrabile irrazionalità del tifo. Nella cittadinanza di tifosi c’è un 50% che sceglie la squadra della propria terra ed un’altra metà che tifa le giganti d’Italia o del Mondo; poi ci sono esemplari rarissimi il cui attaccamento a un club di provincia nasce… dal nulla.
Chi tifa Lecce senza essere salentino è come il ricco che ama il povero, il re che predilige un suddito: non riceve nulla di tangibile in cambio, ma solo l’emozione e i sentimenti, qualcosa di estremamente potente ma altrettanto astratto, difficilmente comprensibile ai più se non si sperimentano direttamente l’energia e la positività infuse.
Novella, di Siracusa, e Giorgio, romano doc, sono due sfegatati sostenitori del Lecce che rientrano in questa categoria: le loro storie meritano di essere raccontate.
“Tutto cominciò quanto avevo circa 15 anni” – racconta Novella, oggi 34enne – quando ascoltavo la musica dei Sud Sound System. Mi piaceva il dialetto salentino e mi hanno fatto appassionare a Lecce: nelle loro canzoni il Salento era decantato come una terra bellissima, quando ancora non era così famosa come lo è oggi. Con l’avvento delle prime connessioni Internet, ho cominciato a informarmi sul Lecce, dal momento che ho sempre seguito il calcio: prima un po’ distrattamente, solo se avesse vinto o perso, poi sempre più assiduamente fino ai 18 anni, quando mi sono trasferita a Palermo e sono andata a vedere la prima partita. Fu un Palermo-Lecce, nel 2003, nella bellissima suggestione del gemellaggio. Da lì mi sono totalmente innamorata e ho cominciato a seguire il Lecce sempre di più: la prima volta al ‘Via del Mare‘ fu per Lecce-Bari 1-2, nel maggio 2008. Pessimo inizio… Nel 2018 sono venuta per Lecce-Catania e la mia storia, pubblicata su una testata locale, ha fatto il giro del Salento: moltissime persone mi hanno aggiunto come amicizia sui social e mi hanno fatto i complimenti, per certi versi imbarazzandomi. Sono stata accolta nel gruppo Facebook ‘SpacchiliLecceMia‘ e ho legato con persone meravigliose, veri amici giallorossi, con cui ci sentiamo quotidianamente. Quando posso vado in trasferta, ma per me lo sono tutte: 10 ore di pullman da Siracusa è l’unico modo per raggiungere Lecce. Qui genitori e conoscenti mi prendono per ‘pazza‘, però comprendono la mia passione e sanno che sono irrecuperabile. Per la prossima stagione ho già sottoscritto il mio abbonamento: prima ero sola, adesso, in compagnia, verrò sicuramente più spesso allo stadio Via del Mare”.
Per Giorgio, 20 anni, la storia d’amore con il Lecce nasce nella stagione 2004/’05: “Quell’anno frequentavo il primo anno delle Elementari e, oltre a leggere e a scrivere, iniziai ad appassionarmi al calcio. La Roma, la squadra della mia famiglia, se la passava male ed io, innamoratomi delle azioni e delle partite spettacolari del Lecce di Zeman viste in televisione, sposai quasi inconsapevolmente la causa salentina. Di quella stagione mi sono rimaste impresse due partite su tutte, il 3-3 a Roma con la Lazio, con quella magnifica maglia verde che vorrei tanto rivedere, e la rocambolesca ed inaspettata sconfitta contro l’Udinese 3-4. Lì iniziai a capire che quella era la squadra adatta a me. Spettacolare, matta, con un gioco fantastico ed una tifoseria sempre pronta a sostenerla, anche in caso di sconfitta. Anche se di Roma, volevo sentirmi il più possibile vicino alla squadra. Da piccolo ritagliavo gli articoli di giornale che riguardassero il Lecce: ho ancora quello della vittoria ai Play-off del 2008 contro l’AlbinoLeffe. La voglia di andare allo stadio è sempre stata tanta, ma purtroppo nessuno mi voleva accompagnare. Mio padre neanche la Roma andava a vedere allo stadio, figurarsi il Lecce… Inoltre, la tessera del tifoso ha bloccato le mie possibilità per anni. L’anno scorso, oramai maggiorenne, mi sono detto che fosse l’occasione giusta: così il 22 aprile a Perugia c’ero anche io, accompagnato dalla mia ragazza. Fu una trasferta indimenticabile, sotto un diluvio colossale. Nella prossima annata di A, voglio riuscire ad andare per la prima volta al Via del Mare!”.
“C’è sempre stata grande curiosità da parte di tutti – prosegue Giorgio – sulla mia scelta di tifare Lecce: soprattutto negli anni della Serie C in tanti non capivano, e non capiscono tuttora, come facessi a non tifare per una squadra di vertice. Mi reputano un nostalgico di un tempo che non tornerà più, un romantico ed è quello che probabilmente sono. Per anni sono stato chiamato semplicemente ‘Lecce’ da praticamente tutto il quartiere e, a parte le prese in giro e gli sfottò che ho ricevuto, devo dire che i romanisti mi hanno supportato. Soprattutto dopo l’affare che portò Cassetti e Vucinic a Roma, è nato un vero e proprio rispetto e gemellaggio. È più difficile farsi capire da chi in una piazza come Roma sceglie di tifare la Juventus o una delle milanesi. Purtroppo molti vivono il calcio solo per seguire chi vince, io questo non lo capirò mai. Mio padre si rassegnò quasi subito, capì che oramai il calcio per me non sarebbe più stato giallorosso, ma… giallurussu”.