LECCE – Joan Gonzalez ha dovuto annunciare il ritiro dal mondo del calcio giocato una settimana fa, non potendo più sperare di scardinare i problemi cardiaci riscontrati dal Lecce prima del ritiro pre-campionato del 2024 e tornare a giocare come prima. Il centrocampista spagnolo ha appeso gli scarpini al chiodo a soli 23 anni ed ha ora rilasciato un’intervista a Sky Sport nella quale ha parlato del complicato periodo vissuto sin dall’estate scorsa, l’inizio del suo stop, ma anche il momento in cui la sua vita venne salvata.
Gonzalez ha infatti spiegato che il Lecce ha riscontrato una patologia congenita al suo cuore e, così facendo, evitato che rischiasse di star male in campo: “La mia è una patologia genetica. Durante lo sforzo, le proteine del cuore si rompono e lasciano una cicatrice e questa cicatrice ostacola il passaggio dell’elettricità nel cuore provocando l’extrasistole, dei battiti cardiaci irregolari che si verificano in anticipo rispetto al normale ritmo cardiaco. A Lecce mi salvarono la vita? Sì, i dottori di Barcellona mi hanno confermato che è stato bravo il cardiologo Tondo di Lecce a scoprire il problema, perché non era facile da individuare. Avrei potuto continuare a giocare se non lo avessero visto, ma con tutte le conseguenze negative del caso“.
Poi, l’ormai ex giocatore classe 2002 ha raccontato il suo approdo in Salento e la comunicazione arrivatagli a gennaio della definitiva impossibilità di tornare a giocare: “Con Corvino abbiamo fatto una videochiamata, mi ha mostrato alcune cose e mi ha spiegato il progetto del Lecce, ho pensato subito che volevo vivere fuori, tutto mi sembrava bello e così sono andato. Sono stato per un mese nella residenza del club, poi ho preso un appartamento in affitto con un compagno di squadra, Hasic, attualmente in Croazia. Quando mi comunicarono di ritirarmi? Non ricordo esattamente la data, anche in questo caso, ero a Barcellona con i miei genitori e la mia fidanzata. È stato un momento molto difficile, dopo aver finito i controlli il dottore mi ha chiamato nella sua stanza e mi ha detto: ‘Era come pensavo, però non te lo volevo dire prima, perché c’era ancora qualche speranza. Con questo problema non puoi tornare a giocare’“.