LECCE – Pablo Rodriguez Delgado fa parte della brigata di giovani talenti portati a Lecce in questa stagione dal Direttore Generale Pantaleo Corvino e ben presto è diventato uno dei beniamini dei tifosi leccesi grazie ai suoi 5 gol in 11 presenze con la maglia giallorossa. A vent’anni ancora da compiere (il suo compleanno sarà il 4 agosto) sta confermando le buone referenze che lo hanno accompagnato al suo arrivo in Italia da un club importante e blasonato qual è il Real Madrid.
Più forte e determinato del Covid e di qualche acciacco fisico, Rodriguez ha rilasciato un’intervista al popolare sito gianlucadimarzio.com in cui si è raccontato ancor più a fondo, parlando della sua scelta di dire sì al Lecce e di come intende il calcio grazie ai consigli di un ex campione dei Blancos: “Ai tempi di Madrid, Raul mi ripeteva sempre che nel calcio, a fare la differenza, è chi è in grado di farsi trovare sempre sul pezzo. Quando scendo in campo provo sempre a dare il meglio di me, senza farmi condizionare dai singoli episodi”.
PERCHÉ LECCE – “Sono felicissimo di quanto fatto finora, sia con la squadra che a livello individuale. Ma il vero Rodriguez ancora non l’ha visto nessuno. Dopo aver contratto il COVID in Spagna, le prime settimane a Lecce sono state difficili; ho avuto a che fare con una serie di infortuni. Negli ultimi mesi sono riuscito a trovare continuità, sento però che da qui alla fine del campionato posso fare molto di più. D’altronde, se ho scelto Lecce è perché qui posso continuare a migliorare…”
IL RUOLO DEL DG CORVINO – “Quando mi ha chiamato il mio agente Abian Morano, sono rimasto sorpreso, non mi aspettavo una proposta simile. Poi mi ha contattato Corvino e subito ho capito che Lecce poteva diventare la piazza giusta per me. Il direttore mi ha spiegato quale sarebbe stato il mio ruolo nel progetto dei giallorossi, sentivo che intorno al mio trasferimento si era creato il giusto entusiasmo. A distanza di qualche mese, devo ringraziare il Lecce per questa opportunità”.
GLI IDOLI RAUL E TOTTI – “Conoscere Raul come persona e professionista è un privilegio che porterò sempre con me. Quando giocava, lo ammiravo perché in campo dava sempre il massimo. Da allenatore mi ha insegnato che attaccando il primo palo tutti i palloni possono trasformarsi in gol. Se devo scegliere un idolo, dico Raul e poi Totti. Quando penso all’Italia e al calcio italiano, la mia mente va subito a Francesco: un campione a 360 grandi, con un modo di giocare fuori dal comune. La serie tv su di lui? I miei compagni me ne hanno parlato ma ancora non sono riuscito a vederla”.
LA GIOIA DEL PRIMO GOL – “Piace un po’ a tutti. La prima partita con il Vicenza è stata meravigliosa: venivo da un periodo difficile, segnato dal COVID e dagli infortuni. Sentivo però di avere il fuoco dentro, avevo fame di gol ed ero pronto per esordire. Quando ho visto il pallone venire verso di me, ho allungato la gamba senza pensarci un secondo: sapevo che sarebbe entrato in rete. È stata una vera e propria liberazione, l’inizio di uno splendido percorso”.
UN’ESULTANZA PARTICOLARE – “È nata davvero per caso. Ero al telefono con due amici che, scherzando, hanno fatto quel gesto lì. ‘Il prossimo gol lo dedichi a noi e lo farai esultando così’, mi hanno detto. Ho mantenuto la promessa, poi ho visto che la gente aveva apprezzato. A quel punto ho deciso che, sì, la mia esultanza sarebbe rimasta quella”.
LA VITA IN ITALIA – “Mi trovo molto bene. Ho preso casa vicino in centro città, vivo insieme al mio cane e ogni tanto mi raggiunge anche la mia famiglia. Il cibo? Sono molto attento a quello che mangio, di solito mi metto ai fornelli per poter seguire la mia dieta. Ogni tanto sgarro, qui si mangia bene ma io non amo la pasta: la cucina più buona, per me, è quella di Las Palmas. Ovvero quella di casa”.
UNA VITA PER IL CALCIO – “Il pallone è la mia passione, trasformarlo in un mestiere era il mio desiderio. Da bambino immaginavo di giocare la Champions o vincere un Mondiale, oggi li vedo come obiettivi lontani ma stimolanti al tempo stesso: ora penso solo a crescere e diventare sempre più forte. Un altro mestiere? Ho studiato marketing e pubblicità, in un futuro lontano mi immagino imprenditore. Ho sempre pensato che facesse per me e arriverà il giorno in cui mi metterò alla prova”.
PLAYSTATION O TATUAGGI? NO, GRAZIE – “Non mi piacciono, né me li riesco a immaginare addosso. I miei genitori non ne hanno e io sono uguale a loro. Quanto ai videogiochi, non sono un appassionato però, quando capita, gioco a FIFA con i compagni. A Lecce non mi ha ancora battuto nessuno, in più quest’anno posso finalmente utilizzare il mio avatar. Sotto rete non è male, però non mi somiglia per niente…”
IL MEGLIO DEVE ANCORA VENIRE – “L’azione più importante di una partita, non è quella che hai concluso oppure sprecato, è quella che devi ancora fare. Quando sei in campo può capitare che sbagli qualcosa: a quel punto, l’unica cosa che conta è che tu sia pronto per rifarti un attimo dopo”.