LECCE (di Gavino Coradduzza) – Ma chi è questo Pisa che affossa il Lecce amministrando una partita senza toni acuti, ma con saggezza tattica e diligenza produttiva? Ma chi è, ad oggi, questo Lecce imbrigliato, confuso, autolesionista e insignificante sul piano della disciplina tattica, della incisività offensiva e della tenuta difensiva? Non si sa e, forse, non si saprà mai. Il fatto è che dopo questa bastonata, molti dei ripetuti peana devono sfociare in un ridimensionamento suscettibile di giovare alla squadra, alla società e all’ambiente più ancora delle lodi sperticate…

Il racconto della partita – Quanto è lungo un minuto? Può essere una eternità o anche un lampo: dipende. Per averne una dimensione più aderente alla realtà di giornata bisogna dire che un minuto è il tempo necessario per una fiondata verticale verso l’area giallorossa che potrebbe essere annullata da quattro piedi: quelli di Lucioni e quelli di Meccariello incerti però nel decidere chi deve intervenire, spalancando così le porte dell’area di rigore a Soddimo che, con apprezzabile precisione, infila la palla in porta. Verrebbe da ridere se non fosse un episodio da “oggi le comiche”…

Al 9° è poi Palombi ad impegnare sul primo palo Gabriel bravo a rimediare in angolo in respinta bassa d’istinto. Nei primi 15 minuti di gioco il comparto difensivo giallorosso (Gabriel a parte) rassomiglia assai ad un colabrodo: non c’è rispetto per le distanze, i varchi offerti ai pisani si succedono ai varchi, e solo per la sua non eccelsa qualità offensiva, il Pisa non raddoppia o triplica (ma lo farà più avanti)…

Neanche il centrocampo (nuovo di zecca) riesce a mordere, a coprire e ad innescare e per un Pisa agile, senza fronzoli, essenziale nel dipanare la matassa del gioco, non è grande impresa (ma è un gran bel gol) andare sullo zero a due con il regista Gucher. Al Lecce sono necessari 25 minuti per scrollarsi di dosso il torpore collettivo che lo ha fatto impantanare ancorandolo sullo 0-2; manca la spinta sulle corsie esterne e, quanto a capacità di filtro e argine, si è ben lontani dalla sufficienza…

Sorvoliamo, per “carità di colori”, sulle leggerezze e la lentezza pachidermica di Tacthsidis (stavolta particolarmente accentuata) che, alla mezz’ora, si fa rubar palla al limite dell’area generando così le condizioni per lo zero a tre che non si concretizza per fortuna dei giallorossi. Il finale di tempo è totalmente del Lecce perché forse il Pisa rifiata o perché i padroni di casa hanno capito che devono prendere a giocare come saprebbero…

Secondo tempo con in campo Mancosu e Coda al posto del centrocampista greco e di Listkowski: l’intento è quello di modificare in meglio l’inerzia dimostrata nella prima frazione. Ed è Mancosu a prendere la guida delle operazioni giallorosse: tutto ciò che si crea passa dai suoi piedi e dalle sue meningi; fino alla chiusura della partita, ma non gli si può chiedere di fare, contemporaneamente, centrocampo, attacco e difesa. Non sarebbe umano, sarebbe un marziano…

E intanto, per la cronaca, Gabriel conquista per l’ennesima volta l’alloro del migliore in campo respingendo le cncluioni in porta dell’ex Palombi e compagni ma niente può, al 68°, su un destro di squisita natura missilistica scagliato da una ventina di metri da Sibilli entrato da poco sul terreno di gioco…

E il Lecce dov’è e cosa fa? Continua a cercare il bandolo della matassa trovandolo molto raramente e, complessivamente, subisce una lezione durissima che dovrebbe servire a far aprire gli occhi alla squadra, alla società, ai tifosi e a qualche commentatore maggiormente incline a tifare che a raccontare con realismo…

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