LECCE (di Italo Aromolo) – È un Lecce ancora amorfo, embrione di sè stesso, che merita la sospensione del giudizio in attesa che il calciomercato faccia il suo corso e completi la rosa. Lo 0-0 della gara d’esordio contro il Pordenone è più interlocutorio che mai; mister Eugenio Corini si è visto costretto ad arrabattare una formazione con Mancosu, Zuta e Majer in ruoli non congeniali, con Paganini, Falco e Tachtsidis assenti e tanti “Primavera” in panchina.

Dal punto di vista tattico il 4-3-3 del tecnico bresciano ha esibito le doti della prudenza e della misura, all’insegna di un ordine geometrico che raramente ha visto i terzini arrivare al cross dal fondo. Gli esterni d’attacco spesso si sono abbassati al livello della cintola, producendo all’effettivo un 4-5-1 poco prolifico in area avversaria. Il centrocampo ha evidenziato un’asimmetria di interpretazione di ruoli che, se ben sfruttata in futuro, potrà rivelarsi complementare e vincente: da un lato il passo dinamico e d’inserimento di Henderson, dall’altro l’atteggiamento più conservativo e incontrista di un Petriccione schierato da mezzala e Majer ad agire da play.

Scampoli di tattica a parte, quel che si è invece potuto apprezzare con buona convinzione è lo stato di forma e le doti tecniche dei nuovi arrivati: Marcin Listkowski ha confermato il piede guizzante e l’andatura satanassa del precampionato, Coda ha dato lezioni di “difesa della palla” e “gioco per la squadra”, di Liam Henderson si è già detto, mentre Leonard Zuta ha ben combinato prestanza fisica e tecnica di base.

Che questi singoli elementi vengano amalgamati in un complesso dal funzionamento fluido, corale e vincente necessiterà di tempo, uomini e soprattutto delle buone idee del nuovo mister.

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