LECCE (di Italo Aromolo) – L’amore ai tempi… della partita del Lecce. Quei novanta minuti in cui ogni tifoso ha testa e cuore solo per i colori giallorossi e il resto del mondo non può che fermarsi, in attesa del triplice fischio dell’arbitro. Incluse mogli e mariti, fidanzati e fidanzate che col calcio non vogliono proprio avere niente a che fare: incolpevoli “vittime” di una passione che, come tante, finisce per condizionare le dinamiche di una relazione, spuntando qua e là in discorsi e programmi quotidiani.

A chi non è mai capitato di dover declinare una serata in compagnia del proprio partner perché: “Amore, c’è la partita…“. Il Lecce è un autentico terzo incomodo tra lei e lui: ora termometro di insoddisfazione e sorgente di gelosia in domeniche consegnate all’altrui solitudine, talvolta riflesso di amore, disponibilità e condivisione.

Rovesciamo per un attimo la prospettiva giallorossa dei nostri affezionati lettori ed immergiamoci nella vita di coppie salentine Lecce-dipendenti attraverso le parole di quell’esercito di allergici al calcio chiamati a vincere una sfida in più tra le tante della vita sentimentale: sopportare anche il Lecce.

Erano i meravigliosi anni ’60” – racconta Marta – “e Rita Pavone cantava ‘Perché, perché, la domenica mi lasci sempre sola per andare a vedere la partita di pallone, perché, perché una volta non ci porti pure me?’. Oggi sono i più difficili anni 2000 e, per quanto mi riguarda, da fidanzata non tifosa di un acceso tifoso, vale ancora il testo della canzone, fatta eccezione per la conclusione: io, infatti, non ho alcun desiderio di assistere ad una disputa calcistica… Non sono lo stereotipo femminile della donna poco interessata al calcio; sono piuttosto una spettatrice per niente affascinata dal calcio moderno tutto sponsor, business, spesso con poco fair play, a tratti razzista, non sempre ‘modellizzante’. Non sono neanche la fidanzata che assimila i propri gusti e le proprie passioni a quelle del compagno: sono una grande sostenitrice del rispetto dello spazio personale e, non lo nego, sono quasi contenta che il mio lui abbia una passione tutta sua, da condividere con gli amici e da vivere autonomamente. Allo stesso tempo, però, scandire la mia vita in base al programma del campionato di calcio mi infastidisce non poco, diciamolo! Pur essendo donne emancipate, siamo comunque fidanzategelose‘, costantemente messe al secondo posto rispetto alla squadra del cuore. E, quindi, quale può essere la ‘vendetta’ da gustare? Attendere la fine della partita e telefonare al partner per pronunciare la fatidica frase: ‘Che avete fatto?’. Per non esagerare nella vendetta, però, a volte mi servo dell’effetto sorpresa: simulo cioè un’autentica partecipazione emotiva snocciolando numeri come 4-4-2, espressioni quali ‘fare melina’, avvio un’approfondita disquisizione piena di dettagli e di esempi sul fuorigioco decisivo per le sorti del match. Qual è il risultato di tanto impegno? Lui mi ‘sgama’ subito e conclude laconico dicendo: ‘Tanto lo so che l’argomento non ti interessa… Ti passo a prendere dopo’, ma spesso vale solo se il Lecce ha vinto“.

Giancarlo sa cosa vuol dire avere una super-tifosa giallorossa al proprio fianco, ormai da 7 anni: “Paragono il rapporto che ho col Lecce alla mia relazione, ovvero una storia non nella fase iniziale dell’innamoramento, quella delle emozioni forti, bensì in quello stato avanzato in cui i momenti di “odio” si alternano a quelli di “amore”. La parte dell’odio si trova nel fine settimana, quando, dopo una settimana impegnativa di lavoro, si vorrebbe fare una passeggiata al mare o un’escursione in una bella giornata di sole. Invece, c’è il solito appuntamento con la partita… Questo genera qualche battibecco, provo a spiegarle che, se ne salta una, non accade nulla: ma alla fine, per accondiscendenza, si finisce sempre sul divano a guardare il solito Lecce. Qui subentra la parte dell’amore: puntato lo sguardo sul televisore, i 90 minuti sono di puro divertimento perchè il Lecce è una squadra che ti appassiona, imprevedibile”.

Un aspetto che trovo davvero singolare” – prosegue Giancarlo – è l’auto-formazione indiretta che si riceve stando accanto ad un partner che non fa altro che parlare del Lecce: mi ritrovo a conoscere i nomi dell’intera rosa, come le dichiarazioni di Liverani nel post-partita, senza seguire interviste o leggere alcunché. Essendomi fatto una cultura, non storco neanche più il naso all’idea di vedere il Lecce: ovviamente faccio il tifo in silenzio, per non dare soddisfazione alla mia ragazza di avermi contagiato. Forse…

Per Paola sono 26 gli anni di matrimonio con Stefano, ma i tentativi da parte di lui di coinvolgerla al seguito dei giallorossi sono stati abbastanza vani: “Posso condividere la passione di mio marito, ma con maturità, senza amplificazioni. La partita non deve condizionare l’umore successivo, ci si aspetta un maggiore distacco da una persona di oltre cinquant’anni. Il calcio è uno spettacolo, come un film al cinema: sarebbe normale imbronciarsi tutta settimana perché il finale non ci è piaciuto? Trovo, inoltre, un po’ pretestuoso andare a seguire la squadra in trasferta, non ne capisco la necessità. Per non parlare delle partite serali, le peggiori per orario: durante la settimana sottraggono un momento d’incontro dopo una giornata di lavoro, mentre nel week-end impediscono di poter fare quel qualcosa di diverso insieme che serve sempre alla coppia. L’esperienza dello stadio? La farei se solo ci fossero le condizioni di sportività per uno spettacolo che sia per tutti, famiglie e bambini”.

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