LECCE (di Italo Aromolo) – Al Lecce lo scudetto… degli infortuni. Il tutt’altro che invidiabile primato è dovuto all’ondata di defezioni fisiche che si è abbattuta sui protagonisti della stagione giallorossa, una delle più “incerottate” di sempre. Nel laboratorio di mister Liverani la salute dei calciatori è ormai diventata una grana costante, imponendosi prepotentemente sulle questioni tecnico-tattiche nelle scelte di formazione settimanali. Sono 37 gli stop fisici fin qui registrati tra i salentini: in Serie A al secondo posto c’è il Napoli (34), mentre la più virtuosa di tutte è l’Atalanta con appena 9 eventi.
La patologia muscolo-tendinea ha marcato i bollettini dell’infermeria leccese con incalzante regolarità: fastidiose distrazioni, strappi o stiramenti muscolari hanno costretto capitan Mancosu e compagni ad indisposizioni di piccola e media durata. Tregua concessa invece dalle lesioni osteo-legamentose, ben peggiori per quanto riguarda i tempi di recupero: il Lecce è “solo” quinto nella classifica di giornate di campionato saltate per infortunio (87) perché non ha fortunatamente avuto lungodegenze per rotture del crociato come quelle di Juventus (Chiellini) o Cagliari (Pavoletti).
Dalle parti di Via Costadura pare legittimo interrogarsi sul perchè di questo trend beffardo nell’accanirsi ora su un reparto, ora su un altro: a dicembre era toccato ai centrocampisti, adesso le contemporanee assenze di Saponara, Falco, Babacar e Farias hanno interessato l’attacco. Lo staff sanitario è lo stesso della scorsa stagione – di questi tempi erano stati messi a referto appena 12 eventi, meno di un terzo degli attuali – e può contare su professionalità di calibro nazionale come i medici sportivi Giuseppe Palaia e Giuseppe Congedo. Lo stesso Palaia in una recente intervista sulle colonne del settimanale “Il GialloRosso” si è detto sorpreso: “Mi sembra di non aver mai visto a Lecce tanti infortuni come quest’anno. A portare a ciò sono certamente una serie molteplice di fattori, tra cui la frenesia che il calcio attuale impone, e che porta il corpo ad un certo tipo di carico”.
Una spiegazione certa, se c’è, non è accessibile. Il concetto di “sfortuna” sottende quello che la medicina non è una scienza esatta: le capacità dell’uomo di incidere sulle malattie è abbastanza limitata, ancor più in ambito sportivo. Si colgono quei pochi aspetti che emergono in superficie, ma occorre arrendersi all’evidenza che il profondo complesso di meccanismi biologici alla base delle patologie – la cui completa conoscenza ci consentirebbe di intervenire in prevenzione – è in gran parte sconosciuto. E allora, “sfortuna” sia.