LECCE (di Gavino Coradduzza) – Gli appigli, le scuse, le arrampicate sugli specchi, i “se” e i “ma” stanno a zero, come la complessiva consistenza del Lecce a Brescia. Un 3-0 che non offre il fianco a discussioni di sorta: si incassa e si comincia a ragionare su come si debba evitare che accada ancora e si volta pagina, ma senza piagnistei; va evitato di cadere ancora una volta sotto i colpi di un avversario per niente trascendentale ma, in molte circostanze, più squadra

A parte la scelta della formazione iniziale su cui ciascuno sarà libero di dire la propria, il Lecce mandato in campo da Liverani sembra subito cosa assai diversa da quello dei primi tempi delle ultime due partite disputate (Cagliari e Genoa); non indugia in attesa di chissà cosa, parte con decisione e con discreta incisività. Conforta non poco constatare che l’atteggiamento (quello che chiamano “approccio“) sembra quello auspicato, quello opportuno e giusto, ma si rivelerà fuoco di paglia

Il Brescia sembra confuso, disarticolato, quasi avvinazzato come se avesse deciso di affidare le proprie speranze di successo esclusivamente alle estemporanee invenzioni di Balotelli che, dopo una ventina di minuti di gioco, non ha toccato palla, o giù di lì. Il gioco non è brillante, dunque non può esserlo la partita che vivacchia in attesa che accada qualcosa da raccontare; neanche il Lecce, è il caso di dirlo, riesce a farla decollare oltre una mediocre confusione. Restano soltanto le soluzioni inventate dai singoli, ma si tratta di poca cosa…

Lapadula è generosissimo: insegue ogni palla, lotta come un gladiatore ma, oltre a dover cercare di creare per sè palle giocabili, è costretto ad operare da solitario eremita, poiché La Mantia non è ancora in partita…

Le cose per il Lecce si complicano intorno al trentesimo, con il Brescia che sfrutta una breve sosta difensiva di Rossettini e compagni per andare in gol con Chancellor, il suo centrale difensivo dopo tre passaggi indisturbati in area di porta…

La reazione giallorossa, che pure tarda a prendere consistenza, non è di quelle che procurano piaghe all’avversario anche perchè il centrocampo giallorosso continua ad essere scarsamente calibrato, nebuloso e orfano di idee giacchè, è ora di dirlo, Shakhov è un fantasma e Tabanelli (ieri con la fascia da capitano al braccio) sfarfalleggia…

La serie di cartellini gialli sventolati da un confusionario arbitro Irrati di Pistoia si allunga (a fine gara saranno ben sei per il Lecce, ossia più di mezza squadra, oltre all’allenatore dopo un bisticcio con Balotelli graziato per un brutto fallo da tergo su Rispoli) e si prende atto che Majer e Lapadula, anche loro tra gli ammoniti, salteranno il prossimo turno per squalifica

Ma intanto il Brescia raddoppia a pochi minuti dalla fine del primo tempo: una palla spiovente su punizione innocua dalla trequarti e sbadattamente “battezzata” lunga da parte del portiere salentino Gabriel non è tale per Sabelli (altro difensore), che la offre ad un solissimo e liberissimo Torregrossa per il comodo, comodissimo 2-0 che sa di pietra tombale sull’incontro…

Qualcuno comincia a chiedersi quale sia la logica che suggerisce di mandare in campo personaggi almeno per ora apparentemente estranei al calcio efficace tenendo in panca altri che (così si dice) non hanno nelle gambe tutti i novanta minuti (ma forse settanta sì?) Si tenta allora di riparare dopo l’intervallo: Falco rileva Shakhov per vedere se la musica cambia.

Il Lecce ci mette tanta foga, mentre il Brescia appare più scarno, lineare ed anche incisivo come poi si vedrà nei dieci minuti conclusivi. Di fatto, la partita si chiude con la terza rete, ancora su azione manovrata in mezzo alla besciamella giallorossa… Si chiude qui una partita che il Lecce aveva iniziato con discreto atteggiamento, creando gioco (magari non stratosferico, ma incoraggiante) e che poi è proseguita, mi si perdoni, con le pezze al sedere! Due gol incassati a porta vuota reclamano una diagnosi sincera ed onesta, non chiacchiere!

A questo punto arrivano le cosidette mosse della disperazione: entra Farias e sarà la terza punta; entra Babacar e sarà la quarta punta (un po’ il Real Madrid dell’epoca del “Buitre” Butragueño e di Hugo Sanchez, se non addirittura di Gento…) ed escono invece i filtri Majer e Calderoni con le “Rondinelle” che ringraziano, svolazzando indisturbate a più riprese verso la porta leccese…

Per non essere tentati di discutere il 3-0 finale sarebbe sufficiente ripercorrere le immagini degli ultimi quindici minuti di gara: un quasi ininterrotto rosario di occasioni create e sprecate dai lombardi o disinnescate da Gabriel. I proclami pre-partita sono una buona cosa, ma in campo non ci vanno loro…

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