LECCE (di Italo Aromolo) – Se c’è un motivo per cui gli allenatori storcono il naso quando si parla di “moduli”, non c’è partita migliore di Lecce-Napoli per capirlo. Il 4-3-1-2 di mister Fabio Liverani e il 4-4-2 di Carlo Ancelotti sfuggono ai canoni delle tradizionali etichette: fin dalla formazione di partenza, i due allenatori ingaggiano un duello a colpi di rimescolamenti tattici nel tentativo di sorprendersi a vicenda. Che il tecnico azzurro abbia avuto la meglio lo dice il risultato (1-4), ma soprattutto le opposte prestazioni di un Napoli indiscusso sovrano tecnico-tattico e di un Lecce sbriciolatosi alla prima difficoltà.

Falco e Farias: gli attaccanti del Lecce giocano molto larghi

Mister Liverani schiera Mancosu da trequartista alle spalle di Diego Farias e Filippo Falco: due mezze-punte per non dare riferimenti ai torracchioni Koulibaly e Maksimovic, facili neutralizzatori di chiunque nell’uno contro uno. Farias e Falco occupano le zolle più larghe del campo, giocando quasi lungo-linea: distanze siderali impongono di cercarsi col binocolo e così i due fantasisti giallorossi risultano troppo isolati.

Il Lecce si difende con tutti gli effettivi

L’assenza di un pivot capace di far salire la squadra conferisce un alone di nebulosa incompiutezza alle ripartenze del Lecce, dove più che l’olio nelle giocate sembrano mancare gli uomini a supporto. Vero è che la formazione salentina è compatta come un muro nell’occupazione degli spazi difensivi: undici uomini dietro la linea della palla, distanze minime tra reparti e atteggiamento troppo pigro sono caratteristiche insolite per lo spirito donchisciottesco del Lecce.

Quando il Napoli attacca: i terzini salgono entrambi e Insigne si accentra a formare un 2-5-3

È nello scardinare questa fortificazione che si palesa l’arte da scacchista di Ancelotti. Il 4-4-2 del Napoli in fase offensiva si trasforma così: i terzini Malcuit e Ghoulam si alzano fin oltre la linea del centrocampo, impegnando i laterali difensivi del Lecce, Calderoni e Rispoli. L’idea-chiave si sviluppa a sinistra dove Insigne, teoricamente quarto di centrocampo, avanza e si accentra per andare a comporre un tridente de facto con Llorente e Milik: si crea superiorità numerica sulla coppia di centrali difensivi del Lecce. Sulla sponda opposta, invece, Fabian Ruiz si mantiene basso e stretto per sostenere in mediana Elmas e Zielinski: è la formula perfetta per far diga alle ripartenze del Lecce e portare a casa i tre punti senza rischiare troppo.

Si potrà dire che, contro questo Napoli, il tema tattico del Lecce vale come un due di briscola al cospetto delle differenze tecniche: la partita perfetta non è sufficiente, ma comunque necessaria per provare a strappare qualche punto e l’undici di Liverani non l’ha fatta. La stangata contro i partenopei ha ampliato il bagaglio di esperienza e messo ulteriore carburante nel processo di crescita di questo gruppo, alla ricerca di se stesso contro le grandi squadre: dopo l’approccio impavido con l’Inter e quello timoroso contro gli azzurri, che contro la Roma domenica prossima sia la volta buona per trovare il giusto equilibrio?

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